Gessica, quindici anni fioriti sotto il sole di un’estate che prometteva libertà e scoperta, si è spenta in un pomeriggio di un sabato inatteso. La sua giovane esistenza, intessuta di sogni e aspirazioni, è stata brutalmente interrotta sulle strisce pedonali di Tolentino, un luogo che avrebbe dovuto essere sinonimo di sicurezza, ora macchiato per sempre da un evento che ha scosso una comunità intera.Quel tardo pomeriggio, l’aria vibrava ancora del calore estivo, ma l’eco del rumore improvviso ha spezzato la quiete, trasformando l’innocenza in dolore inenarrabile. Il furgone, un mostro d’acciaio che ha infranto la fragile promessa di un futuro.Gessica era un germoglio, un potenziale inespresso. Un volto fresco, un sorriso ancora da svelare al mondo. Un’età di prime esperienze, di prime cotte, di speranze che si protendevano verso orizzonti sconosciuti. La sua scomparsa non è solo la perdita di una vita, ma la negazione di un intero universo di possibilità.La notizia si è diffusa come un incendio, alimentata dalla disperazione e dall’incredulità. Un dolore collettivo, un lutto che trascende i confini personali e si radica nel tessuto sociale. Un grido strozzato, un’accusa silenziosa rivolta a un destino crudele.La tragedia di Gessica è un monito. Un’ombra che si proietta sul futuro, un invito a riflettere sulla fragilità della vita e sulla responsabilità che ognuno di noi ha verso gli altri. Un appello a una maggiore attenzione, a una guida più prudente, a un impegno costante per la sicurezza stradale. Perché nessuna estate dovrebbe terminare così, e nessun’altra giovane vita debba essere spezzata da una perdita così improvvisa e ingiusta. Perché ogni Gessica rappresentava un futuro, un sogno, una speranza, e la loro perdita ci impoverisce tutti.