L’imbarcazione, una testimonianza galleggiante di sofferenza e speranza, ha ormeggiato questa mattina al molo Manfredi di Salerno. La *Solidare*, nave di soccorso sotto bandiera tedesca, porta con sé il peso di duecentocinquantadue vite, strappate a un viaggio disperato nel Mediterraneo attraverso quattro distinte operazioni di salvataggio. La cifra più sconcertante emerge dall’analisi della popolazione a bordo: quasi la metà, 98 individui, sono minori di diciotto anni, fanciulli e adolescenti il cui futuro è stato tragicamente interrotto.L’attesa, prima di poter posare i piedi sulla terraferma, è stata scandita da istruzioni impartite in francese, lingua franca in questo contesto umanitario. Un silenzio ovattato, un pudore infantile che cela ferite profonde, ha avvolto i giovani passeggeri. Questi occhi, spenti dalla stanchezza, sono finestre su un dolore che si fatica a esprimere, un dolore che rischia di rimanere inesprimibile, soffocato dalla paura e dalla vergogna.L’imbarcazione non è solo un mezzo di trasporto, ma un contenitore di storie incomplete, di destini sospesi. Dietro ogni volto si celano narrazioni di fuga, di perdita, di violenza subita. Sono storie di famiglie spezzate, di comunità abbandonate, di sogni infranti. Storie che si intrecciano con la complessità delle dinamiche geopolitiche, con le migrazioni forzate, con le guerre e le carestie che spingono intere popolazioni ad abbandonare le proprie case in cerca di sicurezza e di opportunità.La presenza di così tanti minori sottolinea l’urgenza di un approccio globale e coordinato alla gestione dei flussi migratori. Questi ragazzi non sono numeri, non sono semplici statistiche: sono esseri umani fragili e vulnerabili che necessitano di protezione, di assistenza psicologica e di un futuro degno di essere vissuto. La loro presenza ci interroga sulla nostra responsabilità collettiva, sulla nostra capacità di accogliere, di proteggere e di offrire a questi giovani un’opportunità di ricostruire le proprie vite.L’attracco a Salerno rappresenta un primo passo, un gesto di solidarietà. Ma è solo l’inizio di un percorso complesso che richiede un impegno costante e una riflessione profonda sulle cause profonde della migrazione e sulle conseguenze umane della crisi umanitaria nel Mediterraneo. Ogni sguardo, ogni silenzio, ogni storia raccontata (o non raccontata) è un monito, un appello alla compassione e alla giustizia.