La recente ordinanza della Corte di Cassazione, datata 21 luglio, introduce una rilevante novità nel panorama del diritto di famiglia italiano: l’ammissibilità, a certe condizioni, degli accordi prematrimoniali.
Questa pronuncia, lungi dall’essere una deroga al principio di parità tra coniugi sancito dalla Costituzione, si configura come un’interpretazione evolutiva delle dinamiche relazionali contemporanee e delle esigenze di tutela patrimoniale in un contesto sociale in profonda trasformazione.
Tradizionalmente, il diritto italiano, improntato a un’idea di matrimonio basata sulla piena comunione di beni e sulla fiducia reciproca, ha visto negli accordi stipulati in vista del matrimonio come potenziali elementi di compressione dell’autonomia negoziale e di lesione del principio costituzionale di uguaglianza.
L’idea prevalente era che un accordo volto a regolare le conseguenze di una futura separazione o divorzio potesse predeterminare il destino economico dei coniugi in un momento in cui le loro intenzioni e le loro condizioni finanziarie non sono ancora definite con certezza.
Tuttavia, la Cassazione, con la sua ordinanza, apre uno spiraglio, riconoscendo la legittimità di un accordo che, pur perfezionandosi solo in caso di separazione, possa offrire una maggiore sicurezza giuridica e una più chiara definizione dei diritti e degli obblighi delle parti.
Questo riconoscimento si basa su una valutazione attenta dei mutamenti culturali e sociali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.
La frammentazione delle forme familiari, l’aumento delle separazioni, la crescente complessità dei patrimoni coinvolti, con beni spesso acquisiti prima del matrimonio e destinati a rimanere tali, rendono sempre più pressante la necessità di strumenti che consentano una gestione più trasparente e prevedibile delle conseguenze di una futura crisi coniugale.
L’ordinanza, tuttavia, non si traduce in un’apertura indiscriminata agli accordi prematrimoniali.
La Cassazione sottolinea l’importanza che tali accordi siano formulati con chiarezza, precisione e trasparenza, e che non pregiudichino il diritto al risarcimento del danno in caso di dolo o colpa grave.
È fondamentale, inoltre, che le condizioni economiche di ciascun coniuge siano state adeguatamente valutate al momento della stipula dell’accordo, e che nessuna delle due parti sia stata sottoposta a pressioni indebite o a condizioni di disparità di potere.
L’accordo dovrà essere compatibile con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico e non potrà ledere i diritti di terzi, come i figli nati dalla relazione o i creditori di una delle parti.
In sostanza, la decisione della Cassazione non rappresenta una rivoluzione, ma un’interpretazione dinamica del diritto di famiglia, che tiene conto delle esigenze di tutela patrimoniale e di chiarezza giuridica in un contesto sociale in continua evoluzione.
Si tratta di un passo verso una maggiore flessibilità e autonomia negoziale delle parti, nel rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza, buona fede e correttezza.
L’ordinanza, pertanto, apre a una riflessione più ampia sul ruolo degli accordi prematrimoniali come strumento di pianificazione patrimoniale e di gestione del rischio coniugale, invitando legislatori e giuristi a elaborare linee guida precise e criteri di valutazione che ne garantiscano l’applicazione equa e responsabile.