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Avocazione Caso Orioli-Andreotta: Richiesta di Giustizia a 36 Anni

La richiesta di avocazione del caso Orioli-Andreotta, presentata dall’avvocato Antonio Fiumefreddo su mandato di Olimpia Fuina Orioli, rappresenta un atto di giustizia tardiva, ma cruciale, a trentasei anni da una tragedia che ha lasciato una cicatrice indelebile nel tessuto sociale di Policoro e che, per troppo tempo, è stata celata dietro una coltre di incompletezze e sospetti.
Non si tratta semplicemente di una revisione di un fascicolo, ma di una chiamata in causa della responsabilità dello Stato di fronte a una verità ancora irrisolta.
La vicenda, che vede come protagonisti Luca Orioli e Marirosa Andreotta, due giovani amanti trovati senza vita il 23 marzo 1988, è stata sistematicamente incanalata verso una narrazione di suicidio o incidente, una soluzione semplicistica che ignora le anomalie, le contraddizioni e le lacune che emergono da una lettura approfondita degli atti.

La madre di Luca, Olimpia Fuina Orioli, ha perseguito instancabilmente la ricerca della verità, combattendo contro un muro di silenzi e depistaggi, e la richiesta di avocazione alla Procura generale di Potenza è l’ultimo, necessario passo di questo lungo percorso.
Le motivazioni alla base della richiesta di avocazione non sono banali.

Si tratta di evidenziare una serie di omissioni gravissime che hanno caratterizzato le indagini condotte dalla Procura di Matera.

Tra queste, la mancata acquisizione e analisi dei tabulati telefonici relativi ai giorni immediatamente precedenti e successivi alla morte, un elemento cruciale per ricostruire i movimenti e i contatti dei due giovani e di eventuali soggetti esterni.

Rilevante è anche l’assenza di escussione di una ventottenna lista di testimoni considerati chiave, persone che potrebbero aver fornito informazioni decisive per chiarire la dinamica dei fatti.
L’impiego di tecnologie medico-legali all’avanguardia, come la body scan, sulla salma dei due giovani rappresenta un’ulteriore necessità, al fine di ottenere riscontri scientifici più accurati e completi rispetto alle indagini iniziali.

Parimenti, un’analisi comparativa dei corredi fotografici originali, con l’obiettivo di individuare eventuali manomissioni o alterazioni della scena del crimine, potrebbe rivelare elementi finora occulti.

La vicenda non può essere disgiunta dall’inchiesta relativa al falso in perizia Valecce, un’omissione che ha contribuito a offuscare la verità e che, per decorrenza dei termini, è stata archiviata senza un’adeguata indagine sulle responsabilità coinvolte.
Quest’aspetto sottolinea come la verità sia stata deliberatamente nascosta, a beneficio di individui o interessi non identificati.
La Procura generale di Potenza è ora chiamata a valutare con rigore e imparzialità la richiesta di avocazione, prendendo in considerazione le gravi irregolarità e le lacune emerse nell’operato della Procura di Matera.

La perizia Umani Ronchi, redatta nel 1994, aveva già evidenziato indizi di morte violenta, una valutazione ignorata o minimizzata nel corso degli anni.
La vicenda Orioli-Andreotta è più di un caso giudiziario; è una questione di dignità, di giustizia e di diritto alla verità.

La madre di Luca, Olimpia Fuina Orioli, ha incarnato la perseveranza e la determinazione nel perseguire la giustizia per i suoi figli.
Il silenzio dello Stato non può essere l’ultima parola su questa tragedia.
La ricerca della verità, a trentasei anni di distanza, è un imperativo morale e un dovere istituzionale.

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