La quiete di Montecorvino Rovella, un borgo salernitano immerso in un tessuto di tradizioni agricole e a poco più di mezz’ora dal capoluogo, è stata lacerata da un tragico evento.
In un appartamento al primo piano di un edificio residenziale, è stata rinvenuta senza vita Assunta Sgarbini, una donna di 47 anni la cui esistenza, fino a poche ore prima, si era svolta in apparente serenità.
La notizia ha scosso profondamente la comunità locale, unita nel dolore e nell’incredulità.
La riservatezza imposta dalle autorità giudiziarie non ha potuto arginare il fermento di voci e speculazioni, alimentate dalla gravità delle circostanze.
Le prime e preliminari indagini forensi, pur rimanendo soggette a conferme definitive, suggeriscono un decesso per asfissia, con chiari indizi di violenza fisica.
L’ipotesi più accreditata, che si fa strada tra gli investigatori, è quella di un femminicidio, un crimine efferato che incrina la fragile rete di sicurezza della convivenza civile.
Questo episodio cruento non può essere isolato, ma si colloca in un contesto nazionale allarmante, segnato da un’escalation di violenza di genere che richiede un’analisi critica e un intervento urgente.
La morte di Assunta Sgarbini si aggiunge a un elenco doloroso di vite spezzate, vittime innocenti di un maschilismo radicato e di dinamiche di potere distorte.
Al di là delle indagini in corso, che mirano a identificare il responsabile e a far luce sulla dinamica del fatto, emerge la necessità di un ripensamento profondo delle cause che alimentano questa piaga sociale.
Non si tratta solo di reprimere i comportamenti violenti, ma anche di promuovere una cultura del rispetto, dell’uguaglianza e della responsabilità, fin dalle prime fasi della vita.
È imperativo rafforzare le risorse destinate alla prevenzione, all’educazione e al sostegno delle donne vittime di violenza, garantendo loro un accesso facile e tempestivo a servizi di ascolto, consulenza legale e protezione.
Al tempo stesso, è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica, smontando stereotipi dannosi e promuovendo modelli di relazione basati sull’affetto, la reciprocità e la parità.
La memoria di Assunta Sgarbini non possa svanire, ma diventi un monito per un futuro in cui nessuna donna debba più pagare il prezzo della violenza.
Un futuro in cui il silenzio non sia più complice, e la giustizia sia finalmente in grado di garantire un cambiamento radicale e duraturo.