Il 10 agosto ha segnato l’apertura del 46° Rossini Opera Festival a Pesaro, con una standing ovation che ha accolto il cast e il direttore d’orchestra Giacomo Sagripanti nell’esecuzione di *Zelmira*.
Un debutto che, tuttavia, si è incrinato sotto il peso di un disappunto corale, espresso da un pubblico che ha manifestato la propria contrarietà con fischi e contestazioni.
La serata ha messo in luce una brillante interpretazione vocale, ancorata alla maestria di Anastasia Bartoli, impeccabile nel ruolo del titolo, e a una Marina Viotti (Emma) capace di generare duetti di intensa emozione.
Un panorama vocale di altissimo livello, completato dalle performance di Enea Scala, Lawrence Brownlee, Marko Mimica, Gianluca Margheri, Paolo Nevi e Shi Zong, si è scontrato con una regia di Calixto Bieito che, pur ambiziosa, ha lasciato perplessi molti spettatori.
Bieito ha concepito un allestimento radicale, trasformando l’Auditorium Scavolini in un palcoscenico centrale, una piattaforma semovibile in plexiglas illuminata dall’alto.
L’obiettivo era quello di creare un ambiente dinamico, dove cantanti e figuranti potessero interagire su 360 gradi, coinvolgendo il pubblico in una visione totale.
Il coro, strategicamente posizionato nelle gradinate e sotto il palco, ha amplificato questa sensazione di immersione.
La scelta, teoricamente, mirava a rendere omaggio alla natura frammentaria della trama, incentrata su intrighi, colpi di scena e congiure nell’antica Grecia, dove Zelmira, ingiustamente accusata di regicidio, si rivela una figura prigioniera di un destino avverso.
Tuttavia, la continua movimentazione del palco, la presenza di figuranti che portavano simboli eterogenei – statue, urne funerarie, ulivi, pannelli in plexiglas, elmetti da guerra – anziché chiarire la narrazione, ha generato un senso di distrazione e disorientamento.
L’assenza dei sottotitoli, resa inevitabile dalla natura dell’allestimento, aggravata dall’offerta di scaricare il libretto online, ha ostacolato ulteriormente la comprensione.
Nonostante le difficoltà interpretative, l’esecuzione musicale si è rivelata un’esperienza di profonda suggestione.
La coesione ritmica dell’opera, le armonie inquietanti e le improvvise svolte emotive, sono state magistralmente restituite al pubblico dalla direzione di Sagripanti, coadiuvato dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e dal Coro del Teatro Ventidio Basso, preparato da Pasquale Veleno.
L’abito scenico, ideato da Ingo Krugler, si è distinto per la sua natura contemporanea e militare.
Zelmira, inizialmente in abito da soldato, si è trasformata in una figura prigioniera con un’ampia gonna ottocentesca.
I costumi dei congiurati, un uniforme nero, richiamano la figura di un malavitoso, mentre il re Polidoro, nascosto nella tomba, è coperto di cenere.
La varietà di abiti, dalla tunica greca dell’assassinato Azorre, sempre presente come simbolo della morte, all’impermeabile trasparente di Leucippo, spesso a torso nudo, fino al completo da incursore di Ilo, contribuisce a creare un immaginario visivo ricco e suggestivo.
Lo spettacolo, fedele alla tradizione del Rossini Opera Festival, ha coniugato la libertà espressiva della regia con una rigorosa interpretazione della partitura, frutto della ricerca scientifica della Fondazione Rossini, testimoniando un approccio unico e innovativo nel panorama lirico internazionale.
Le repliche sono previste il 13, 16 e il 19 agosto.