L’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti proietta un’ombra significativa sull’economia italiana, minacciando un numero considerevole di posti di lavoro e compromettendo la competitività del sistema produttivo nazionale. Secondo un’analisi congiunta Confcooperative-Censis, l’impatto potenziale si aggira intorno ai 68.280 posti di lavoro a rischio e una riduzione della produzione di 18 miliardi di euro, una fetta rilevante dell’export verso il mercato americano.L’analisi rivela una distribuzione disomogenea del rischio, con settori particolarmente vulnerabili. L’agroalimentare, con le sue filiere complesse e spesso legate a prodotti di eccellenza, si trova in prima linea, con oltre 6.380 posti di lavoro in bilico. A seguire, i comparti della meccanica, della metallurgia e del tessile-abbigliamento, tutti pilastri dell’industria italiana, subirebbero perdite significative, con migliaia di posti di lavoro a rischio.Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, sottolinea la necessità di un approccio duplice. Innanzitutto, un’intensa attività diplomatica per mitigare le tensioni commerciali e negoziare una risoluzione che preservi gli interessi italiani. In secondo luogo, un impegno proattivo da parte del governo, delle istituzioni e del mondo imprenditoriale per diversificare i mercati di esportazione e ridurre la dipendenza dal mercato statunitense.Tuttavia, Gardini evidenzia una problematica strutturale più profonda: la mancanza di una visione strategica unitaria a livello europeo. L’Europa, a suo dire, soffre di una frammentazione che limita il suo potenziale di crescita. Abbattere le barriere interne, eliminando gli ostacoli burocratici e normativi che soffocano gli scambi, potrebbe innescare un aumento della produttività del 7% nel lungo periodo, avvicinando l’Europa all’economia americana.Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) quantifica questa inefficienza, stimando che gli ostacoli interni all’Europa equivalgano a un dazio virtuale del 44% sulle merci e del 110% sui servizi. Questa situazione evidenzia come la capacità dell’Europa di agire come un blocco commerciale unito sia cruciale non solo per contrastare le politiche protezionistiche di altre potenze, ma anche per massimizzare il proprio potenziale economico interno e garantire la prosperità dei suoi cittadini. La crisi dei dazi americani si rivela quindi un campanello d’allarme, esortando l’Europa a superare le divisioni interne e a perseguire una politica economica più coesa e lungimirante.