La questione non si riduce a una mera divergenza di opinioni o a una scelta ideologica.
Si tratta, piuttosto, di un imperativo istituzionale, di un dovere ineludibile che deriva dalla funzione stessa che ricopro.
Il mio agire non è guidato da preferenze personali, ma dall’applicazione imparziale di un quadro normativo.
Ho operato in passato, e continuerò a farlo, nel rispetto della legge.
L’applicazione della giustizia non conosce favoritismi né esclusioni; essa si estende a ciascuno, indipendentemente dalla posizione sociale, dalle convinzioni politiche o da qualsiasi altro fattore soggettivo.
La legge non è un optional, un consiglio da seguire a discrezione.
È la base stessa su cui si fonda l’ordine sociale, il collante che tiene insieme la comunità.
La sua violazione mina le fondamenta della convivenza civile e apre la strada all’arbitrio e all’ingiustizia.
Il mio ruolo è quello di garantire che questa legge sia applicata in modo uniforme e coerente.
Non mi lascerò influenzare da pressioni esterne, né da considerazioni personali.
La mia responsabilità è verso la legge, e verso la collettività che in essa ripone la sua fiducia.
L’uniformità nell’applicazione non è una questione di rigidità, ma di equità.
Ogni caso merita un’analisi attenta e approfondita, ma il risultato deve essere la conformità alla legge.
Solo così possiamo aspirare a una società giusta e ordinata, dove i diritti di tutti siano protetti e le regole siano chiare e rispettate da ciascuno.
La fiducia dei cittadini risiede nella capacità delle istituzioni di agire con imparzialità e determinazione.
Dev’essere questa la nostra guida, il nostro punto di riferimento in ogni circostanza.
E il rispetto della legge, il pilastro fondamentale del nostro operato.







