L’imposizione di dazi del 15% sul Brunello di Montalcino, fiore all’occhiello dell’eccellenza enologica italiana, rappresenta una sfida strategica di notevole portata per il settore vitivinicolo toscano e, più ampiamente, per il Made in Italy.
Giacomo Bartolommei, presidente del Consorzio Brunello di Montalcino, sottolinea l’impatto immediato su un mercato cruciale come quello statunitense, che assorbe circa il 30% delle esportazioni, equivalenti a oltre tre milioni di bottiglie.
La difficoltà di reindirizzare rapidamente le scorte in eccesso verso mercati alternativi, soprattutto nel breve termine, esige una risposta diplomatica rapida e proattiva.
La situazione evidenzia una vulnerabilità strutturale: la concentrazione delle esportazioni su un singolo mercato.
Mentre il Consorzio Brunello manterrà il suo impegno nei confronti del mercato americano, con la conferma di eventi chiave come il “Benvenuto Brunello” a New York e la partecipazione al prestigioso festival Food e Wine ad Aspen, la diversificazione geografica diventa imperativa.
L’apertura di nuove rotte commerciali, in particolare con il Mercosur, si configura come un’opportunità cruciale per mitigare i rischi e garantire la resilienza del settore.
Il quadro si allarga ulteriormente se consideriamo le parole di Andrea Rossi, presidente di Avito, l’associazione che aggrega 24 Consorzi di tutela toscani, dal Chianti Classico al Bolgheri, fino al Vino Nobile di Montepulciano.
Rossi pone l’accento sulla necessità di un intervento governativo mirato, che preveda la mobilitazione di risorse straordinarie per contrastare le conseguenze di questa nuova barriera commerciale.
Il mercato americano, per l’intero comparto del vino toscano, incide per un peso considerevole: il 37% dell’export, pari a un valore di oltre 400 milioni di euro annui.
L’impatto dei dazi si rifletterà in modo significativo sui consumi, con conseguenze dirette sulla salute economica delle aziende che operano in un settore strategico per la Toscana e per l’Italia intera.
Questa situazione non è semplicemente una questione commerciale, ma una sfida geopolitica che mette in discussione la capacità dell’Italia di tutelare la propria eccellenza e di garantire la sostenibilità economica di un settore che incarna l’identità e la tradizione del Paese.
L’impegno a preservare e promuovere il “Made in Italy” richiede una visione strategica a lungo termine, che integri la diplomazia commerciale con investimenti mirati alla diversificazione dei mercati e alla valorizzazione della qualità e dell’unicità dei prodotti italiani.
La reazione a questa crisi commerciale dovrà essere tempestiva e coordinata, coinvolgendo tutti gli attori rilevanti, dalle istituzioni governative ai Consorzi di tutela, per assicurare un futuro prospero per il vino toscano e per l’intera filiera agroalimentare italiana.