mercoledì 8 Ottobre 2025
17.1 C
Genova

Ritorno amaro: il marinaio Palmas denuncia le torture in Israele.

Il ritorno a casa, l’abbraccio dei propri cari, è un balsamo amaro per chi ha sperimentato in prima persona l’esperienza della detenzione.
Lunedì sera, Pietro Queirolo Palmas, giovane marinaio e attivista genovese, ha potuto finalmente riabbracciare la sua famiglia, ma il ricordo delle sofferenze subite durante l’arresto della Global Sumud Flotilla in acque internazionali resta vivido e doloroso.

“Non si può definire altrimenti se non tortura,” afferma Palmas, descrivendo il trattamento subito durante la detenzione israeliana, un trattamento che, a suo dire, rappresenta solo una frazione di ciò che i prigionieri palestinesi sopportano quotidianamente.
La narrazione di Palmas dipinge un quadro di privazioni sistematiche e disumanità: deprivazione del sonno, esposizione a sbalzi di temperatura, assenza di cure mediche adeguate.

Particolarmente grave è la confisca dei farmaci essenziali, un atto che ha colpito duramente individui affetti da patologie croniche.

Attivisti diabetici sono stati privati dell’insulina, persone con asma sono state private dei loro salvavita, creando una situazione di grave pericolo per la loro salute.

Il rifiuto di firmare un documento presentato dalla console italiana, inizialmente, ha prolungato la sua detenzione, una scelta che, a posteriori, Palmas considera positiva.

“Era una maniera per fare avere più pressione qua a terra e per restare uniti,” spiega, sottolineando l’importanza della solidarietà tra gli attivisti e il supporto da parte della comunità internazionale.
La sua permanenza in cella gli ha permesso di condividere l’esperienza con altri compagni e di intensificare la pressione politica sul governo israeliano.

Palmas, come molti altri attivisti, ha partecipato a uno sciopero della fame, un gesto di resistenza contro la detenzione illegale e contro il genocidio del popolo palestinese, un’accusa di gravità inaudita che riflette la profonda indignazione per le condizioni di vita e di detenzione dei palestinesi.
La sua denuncia si estende anche al governo italiano, accusato di non aver agito in loro difesa, anzi, di aver cercato di ostacolarne l’azione.
Il momento del rilascio, comunicato attraverso la presenza di compagni greci che avrebbero trasportato i detenuti ad Atene, ha portato un’inaspettata speranza e la prospettiva di un ritorno a casa.
Tuttavia, la sua esperienza non si limita a un episodio isolato; al contrario, rappresenta un punto di partenza per una lotta politica continua.

“Penso sia fondamentale in qualche modo continuare qua, quello che è stato iniziato là,” afferma con determinazione.

E, con un’affermazione che esprime la sua incrollabile fede nella causa, conclude: “Rifarei tutto quello che ho fatto.

” La sua testimonianza è un appello alla vigilanza, alla solidarietà e alla lotta per la giustizia.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -