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Stalking e revenge porn: uomo rinviato a giudizio per violenza digitale.

La vicenda, protrattasi nel corso del 2023, illustra una spirale di violenza psicologica e digitale che si alimenta alla rottura di una relazione sentimentale extraconiugale.

Un uomo di 64 anni, accusato di stalking e revenge porn, si è visto rinviato a giudizio dalla giudice Angela Nutini, in un quadro legale che evidenzia la gravità delle condotte persecutorie e la loro capacità di devastare la vita della vittima.
La storia trae origine da un legame clandestino, durato alcuni mesi, interrotto dalla donna, assistita dal suo legale, Antonio Rubino.
L’incapacità dell’uomo di accettare la fine del rapporto ha innescato un processo di escalation comportamentale, trasformandosi in una vera e propria campagna di terrore mirata a distruggere la reputazione e il benessere psicologico dell’ex partner.

Le minacce verbali, inizialmente formulate in termini di vendetta e manipolazione (“ti farò tanta pubblicità e trasformerò la tua vita in un inferno”), non si sono rivelate semplici espressioni di rabbia momentanea, ma preludio a un piano sistematico di vessazione.

La violenza si è concretizzata nella diffusione non consensuale di immagini intime, un atto che configura il reato di revenge porn e che ha profondamente compromesso la sfera privata e professionale della donna.

Il persecutore ha utilizzato una molteplicità di canali per raggiungere il suo obiettivo: spedizioni anonime di fotografie a familiari e amici, inclusi il marito e il figlio della vittima, e la divulgazione del suo numero di telefono.
L’escalation ha raggiunto livelli allarmanti con la pubblicazione del numero di telefono su tergicristalli di automobili, provocando un’ondata di contatti indesiderati e umilianti, che hanno portato alcuni sconosciuti a credere che la donna esercitasse la professione di escort.

L’azione ha esteso il suo impatto anche all’ambiente lavorativo, con la notifica al datore di lavoro della vittima, aggravando ulteriormente il suo stato di angoscia e vulnerabilità.

Dopo un periodo di sofferenza prolungata e di costante paura, la donna ha trovato il coraggio di denunciare l’accaduto, dando il via a un’indagine condotta dalla procuratrice Paola Crispo che ha portato all’apertura di un fascicolo e al successivo rinvio a giudizio dell’uomo.
La vicenda solleva importanti questioni relative alla violenza di genere nell’era digitale, alla protezione della privacy e alla necessità di strumenti legali efficaci per contrastare le molestie e la diffusione non consensuale di immagini intime.

Rappresenta, inoltre, un campanello d’allarme sulla fragilità di chi si trova a subire comportamenti persecutori e sulla necessità di offrire supporto psicologico e legale a tali vittime.

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