Il decesso di un signore novantenne originario della Liguria, affetto da una patologia neurodegenerativa progressiva, ha riacceso il dibattito etico e legale attorno al diritto di scegliere la propria fine.
L’uomo, dopo una richiesta di assistenza al suicidio negata dall’Azienda Sanitaria Locale, ha perso la vita lunedì 22 settembre in Svizzera, dove la pratica del suicidio medicalmente assistito è regolamentata e accessibile.
Il viaggio è stato reso possibile grazie all’intervento di Soccorso Civile, associazione che offre supporto a persone in condizioni di sofferenza irreparabile e che desiderano accedere a questa opzione all’estero, con il coordinamento del suo presidente e rappresentante legale, Marco Cappato, e l’accompagnamento di Roberta Pelletta e Cinzia Fornero.
La condizione del novantenne era drammaticamente segnata da una progressiva e irreversibile perdita delle sue capacità comunicative, ridotte a gesti e a un faticoso utilizzo di un tablet, e da una grave compromissione motoria.
La sua esistenza era completamente dipendente da un’assistenza continua, aggravata da una terapia per tromboembolia polmonare e da un’insufficienza respiratoria che richiedeva ossigenoterapia notturna.
Paradossalmente, nonostante questa profonda fragilità e la complessità della sua condizione clinica, il Servizio Sanitario Regionale ligure aveva negato la sua dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, un requisito considerato imprescindibile per accedere legalmente alla morte volontaria assistita in Italia, in base alla sentenza Cappato-Antoniani 242/2019 della Corte Costituzionale, che ha definito i limiti entro i quali tale diritto può essere esercitato.
La richiesta formale di assistenza era stata presentata a febbraio 2023, seguita da una valutazione negativa da parte della commissione medica nel mese di maggio.
Questa decisione aveva spinto l’uomo, con il supporto del gruppo legale dell’Associazione Luca Coscioni, coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, a opporsi alla decisione dell’ASL, invocando una rivalutazione del requisito del trattamento di sostegno vitale alla luce della giurisprudenza costituzionale.
Ulteriori accertamenti furono eseguiti a luglio, ma il paziente non ricevette mai una risposta definitiva, e nel rifiutare di protrarre la sua esistenza in condizioni di sofferenza insopportabile, optò per recarsi in Svizzera, dove avrebbe potuto esercitare il suo diritto di accedere al suicidio medicalmente assistito.
Questo tragico evento solleva nuovamente interrogativi cruciali sulla compatibilità tra la tutela della vita e il rispetto dell’autodeterminazione del paziente, nonché sulla necessità di un’interpretazione più ampia e sensibile dei requisiti per l’accesso alla morte volontaria assistita, in linea con i principi costituzionali e con l’evoluzione della coscienza collettiva.






