Il Cervino, uno dei più imponenti e rispettati tra i monti alpini, ha accolto in silenzio l’ultima discesa di un umile viandante. Un cittadino belga, ormai 38 anni addietro nel calendario, aveva intrapreso il percorso dal rifugio Schönbiel (2.698 metri) verso Zermatt con due compagni di avventura. Era una mattina come un’altra, immersa nella nebbia invernale che velava le vette più elevate.Tuttavia, nel silenzioso scenario naturale, si era verificato un incidente fatale. Un momento, un istante di tempo, era bastato per interrompere la vita di uno tra loro. La precipitazione non aveva segni visibili esterni, ma le ferite interiori erano ben più profonde.Le indagini della polizia vallesana, con il contributo degli esperti dell’Organisation cantonale valaisanne des secours e del sempre presente Air Zermatt, hanno cercato di ricostruire i fatti. Ma il silenzio del Cervino non è stato sciolto dalla loro voce.La magistratura elvetica ha aperto un fascicolo sull’accaduto secondo la prassi in caso di morte avvenuta sul suolo nazionale, per comprendere le cause che hanno portato al triste evento. La comunità vallese e le famiglie delle vittime attendono risposte, ma il silenzio del Cervino rimane impenetrabile.L’episodio ha riproposto la vecchia domanda: per quale motivo un destino così fragile può essere interrotto da un evento così minimo? La vita è uno spartito su cui si suonano note di gioia e di dolore, e l’estemporaneo incidente può cambiare il metro della musica inesorabilmente.La montagna resta in silenzio. E la nebbia continua a velarne le vette.
Il silenzio del Cervino: un’inchiesta sulla morte di tre escursionisti in territorio svizzero
Date: