La ricerca del quindicenne sfuggito alla custodia del Beccaria, l’istituto penale minorile di Milano, si estende ora su tutto il territorio lombardo, sollevando interrogativi urgenti sulla sicurezza e l’efficacia del sistema di tutela per i giovani a rischio.
L’episodio, che si aggiunge a una serie preoccupante, ha riacceso il dibattito sulle condizioni di detenzione e sulle strategie di riabilitazione all’interno delle strutture minorili.
Il ragazzo, precedentemente arrestato per una rapina, ha dimostrato una notevole capacità di pianificazione e determinazione nell’agire, superando le inferriate per rendersi inafferrabile.
L’evasione non è un evento isolato, ma il sintomo di una problematica più ampia e radicata.
La fuga del Natale 2022, che vide sette minorenni allontanarsi attraverso una breccia in una recinzione provvisoria di un cantiere in corso, aveva già messo a nudo le vulnerabilità strutturali e organizzative dell’istituto.
La rapida cattura dei fuggitivi, pur rappresentando un successo operativo, non ha risolto le cause profonde che hanno spinto i ragazzi a cercare una via di fuga.
L’incidenza di queste evasioni non può essere ignorata; esse mettono in discussione l’adeguatezza delle misure di sicurezza fisiche, ma anche la capacità di costruire un rapporto di fiducia e di offerta di opportunità di crescita positive all’interno dell’istituto.
Un istituto penale minorile non dovrebbe essere percepito come una prigione da cui fuggire, ma come un luogo sicuro dove il giovane può ricevere supporto psicologico, educativo e riabilitativo.
Le evasioni sono campanelli d’allarme che invitano a una riflessione profonda: è necessario valutare se le strutture sono adeguate a garantire la sicurezza sia del personale che dei minori, se i programmi di intervento sono efficaci nel contrastare il disagio e la devianza, e se il personale è sufficientemente formato e supportato per affrontare le complesse dinamiche relazionali e comportamentali che si sviluppano all’interno di tali contesti.
L’obiettivo primario non deve essere solo quello di assicurare la riapprensione dei fuggitivi, ma di comprendere le motivazioni che li hanno spinti a evadere e di agire di conseguenza, modificando le strategie di intervento e migliorando le condizioni di vita all’interno degli istituti penali minorili.
Si rende imperativo un ripensamento radicale dell’approccio educativo e riabilitativo, focalizzato sulla costruzione di relazioni significative, sulla promozione dell’autostima e sulla responsabilizzazione del giovane, affinché possa reinserirsi con successo nella società.
L’evasione è un fallimento collettivo che impone un cambio di paradigma.