La proposta di riconoscimento formale avanzata dal Consiglio Comunale di Milano nei confronti della Global Sumud Flotilla, e in particolare verso la capomissione Margherita Cioppi, suscita riflessioni complesse e merita una risposta ponderata.
Pur apprezzando l’intenzione alla base di tale iniziativa, declino con rispetto, ma con fermezza, la candidatura all’Ambrogino d’oro.
La mia decisione non nasce da un gesto di rifiuto personale, bensì da una profonda dissonanza tra il valore simbolico dell’onorificenza e la realtà geopolitica che ci vede coinvolti.
L’azione della Global Sumud Flotilla si è concretizzata in un atto di solidarietà e coraggio, volto a rompere il silenzio e a portare l’attenzione sulla sofferenza del popolo palestinese, intrappolato in un conflitto prolungato e profondamente ingiusto.
Tale azione, sebbene percepita da alcuni come controversa, mira a denunciare le conseguenze devastanti dell’occupazione e a sostenere il diritto all’autodeterminazione.
È innegabile che il Comune di Milano, con il suo gemellaggio con Tel Aviv, si pone in una posizione che appare in contraddizione con i principi di giustizia e di equità che dovrebbero ispirare un’istituzione democratica.
L’accordo di pace proposto dall’amministrazione Trump, presentato come soluzione, si è rivelato, ancora una volta, un artificio retorico, un diversivo che scarica i costi e le responsabilità sulla popolazione palestinese, perpetuando un ciclo di violenza e oppressione.
Un gesto di reale sostegno non si esprime attraverso la consegna di onorificenze, ma attraverso azioni concrete e incisive.
Richiede un ripensamento radicale delle politiche estere, un impegno attivo per la fine dell’occupazione illegale, la sospensione dei gemellaggi con città che sostengono il regime israeliano, e un embargo commerciale volto a esercitare una pressione politica significativa.
Esprimo la mia gratitudine ai consiglieri Carlo Monguzzi e Beatrice Uguccioni per aver proposto la mia candidatura all’Ambrogino d’oro.
La loro iniziativa lascia intravedere una possibile apertura a nuove prospettive all’interno delle istituzioni milanesi, offrendo un barlume di speranza per un futuro in cui la giustizia e la solidarietà possano finalmente prevalere.
Tuttavia, finché il Comune di Milano non si dimostrerà propenso a compiere passi concreti in questa direzione, l’accettazione di un simile riconoscimento risulterebbe incongrua e inaccettabile.
La mia coscienza non mi permette di separare la retorica dal reale impegno.