Un’onda di dolore e rabbia si riversa sulle strade di Napoli, concentrandosi di fronte alla Questura, dove una cinquantina di familiari e amici di Nicola Mirti, il giovane strappato alla vita in un atto di violenza a Varcaturo, manifestano contro una decisione amministrativa percepita come un’ingiustizia. Il blocco del traffico in via Medina, per pochi intensi minuti, è il simbolo tangibile di un lutto sordo, lacerante, che si scontra con le barriere burocratiche. La presenza massiccia delle forze dell’ordine, schierate davanti all’edificio della Questura, non placa l’eco delle voci che invocano giustizia e il diritto di celebrare un addio solenne. “Giustizia e funerali per Nicola!” risuona tra le urla strazianti, un grido che esprime la profonda ferita inferta da un gesto impulsivo, un’aggressione mortale perpetrata da un coetaneo, un diciannovenne, forse accecato da una lite banale, un’esplosione di violenza priva di un vero motivo, un dramma che incide sul confine tra Napoli e il Caserta.I manifestanti, uniti dal dolore, indossano magliette che ritraggono il volto sorridente di Nicola, mentre ripetono il suo nome, un mantra contro l’oblio. Gli striscioni, semplici ma eloquenti, esprimono un sentimento universale: “Eri la luce della nostra vita, quella del nostro cammino. Continua ad esserlo. Resterai sempre con noi.” Masaniello, così chiamato affettuosamente, è diventato un simbolo di gioventù spezzata, di promesse infrante, di un futuro negato.L’organizzazione per i funerali era completa. Manifesti, luogo sacro scelto – la chiesa di San Giovanni Battista a Marianella, nel nord di Napoli – tutto era pronto per onorare la memoria del ragazzo. Poi, improvvisamente, è arrivato il divieto, una decisione che ha scatenato la protesta, alimentando la sensazione di un’ulteriore ingiustizia.Questa vicenda solleva interrogativi profondi. Oltre al dolore immediato, emerge la questione dei diritti di celebrazione del lutto, la dignità del ricordo e l’importanza di un addio pubblico in un momento di così grande sofferenza. Dietro la protesta si intravede una riflessione più ampia sulla gestione della violenza giovanile, la fragilità dei legami sociali e la necessità di affrontare le cause profonde di un clima di crescente tensione che sembra serpeggiare tra i giovani. Il caso di Nicola Mirti, con la sua tragica conclusione, rischia di diventare un monito, un campanello d’allarme che invita a una riflessione urgente e a un impegno concreto per costruire una società più giusta, più sicura e più attenta ai bisogni dei suoi giovani.
Napoli, famiglia in rivolta: il lutto di Nicola Mirti contro la burocrazia.
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