Il settore cerealicolo italiano si trova a navigare un contesto agricolo complesso, segnato da un’interazione sempre più critica tra le dinamiche climatiche, le scelte di politica commerciale e le strategie di valorizzazione dei prodotti agricoli. Le stime di resa per la campagna attuale, pur mostrando un lieve miglioramento rispetto al disastroso 2024, caratterizzato da una siccità particolarmente severa nel Sud, rimangono al di sotto delle medie storiche, evidenziando la crescente vulnerabilità del grano alle variazioni climatiche. Nonostante la resilienza dimostrata da alcune aree, come la Basilicata, dove i raccolti si mantengono in linea con il potenziale produttivo locale e con una qualità apprezzabile, la produzione complessiva mostra segnali di preoccupazione.L’analisi congiunta di Coldiretti e dei Consorzi Agrari d’Italia proietta un raccolto di grano duro destinato alla produzione di pasta intorno ai 3,7 milioni di tonnellate, mentre il grano tenero dovrebbe attestarsi al di sotto dei 2,5 milioni di tonnellate. Anche in questo scenario, la qualità del prodotto sembra rimanere buona o addirittura ottimale, un elemento di conforto in un quadro altrimenti incerto.Tuttavia, il panorama non è solo definito dalla meteo. Un elemento cruciale che incide pesantemente sui redditi degli agricoltori è la persistente pressione esercitata dai prezzi. Le quotazioni del grano duro, in particolare, hanno subito un calo significativo, registrando un decremento del 13% nell’ultima settimana di giugno rispetto all’anno precedente. Questo ribasso è direttamente collegato all’afflusso massiccio di grano straniero, un fenomeno che Coldiretti definisce apertamente un’”invasione”.I dati della Commissione Europea rivelano un aumento vertiginoso delle importazioni: dal Canada, solo per citare un esempio, sono arrivate quasi 800.000 tonnellate di grano duro, più del doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questa tendenza, alimentata da nazioni come Turchia e Russia, ha saturato il mercato italiano, spingendo al ribasso i prezzi e penalizzando i produttori locali.La questione non si limita alla semplice quantità. Un aspetto preoccupante è l’utilizzo di pratiche agricole non conformi agli standard europei. Il grano canadese, ad esempio, viene pre-trattato con glifosato, un erbicida vietato nel nostro Paese, sollevando interrogativi sulla sicurezza alimentare e sulla concorrenza sleale.In questo contesto, i contratti di filiera emergono come un’ancora di salvezza, un modello di business che permette agli agricoltori di mitigare i rischi legati alla volatilità dei prezzi. L’osservatorio dei Consorzi Agrari d’Italia sottolinea l’importanza di questo strumento, che garantisce un prezzo d’acquisto certo e, in molti casi, superiore al prezzo medio di mercato, con incrementi che possono raggiungere il 25% per alcune varietà di grano duro. Il tempismo è fondamentale: informarsi tempestivamente, già durante la fase di semina, è cruciale per accedere a queste opportunità contrattuali, data la capacità limitata di assorbimento dei sistemi di filiera. Si tratta di un approccio proattivo per la resilienza del settore cerealicolo, volto a favorire una transizione verso un sistema agricolo più sostenibile ed equo, dove il valore del lavoro agricolo e la qualità del prodotto siano adeguatamente riconosciuti.
Cereali: resa sotto media e prezzi in calo, rischio invasione
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