sabato 4 Ottobre 2025
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Ayeda, piccola afghana: un ringraziamento per la speranza.

L’eco di una profonda riconoscenza risuona nel cuore di Abdullah Alizada e Khatima Noori, genitori di Ayeda, la piccola afghana di due anni che lotta contro una malattia genetica del fegato di eccezionale rarità.

Il loro messaggio, un inno alla resilienza e alla speranza, è rivolto al Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, alla sua consorte Franca, all’équipe della Presidenza, alle preziose associazioni Pfic Italia Network e Nove Caring Humans e al personale altamente specializzato dell’Istituto Mediterraneo di Scienze Traslazionali (Ismett) di Palermo.

Un ringraziamento che va oltre la semplice formalità, incarnando un sentimento di profonda gratitudine per l’umanità, la cura e la professionalità ricevute.
La storia di Ayeda è un viaggio arduo, un percorso segnato dalla disperazione e dalla precarietà.
La diagnosi, una sentenza inappellabile, ha proiettato i genitori in un abisso di angoscia, privandoli della prospettiva di cure accessibili nel loro paese.
Spinti dalla disperazione e dall’amore paterno, hanno intrapreso un viaggio estenuante, un esodo attraverso l’Iran, alla ricerca di una luce, di una possibilità di salvare la vita della loro bambina.
L’approdo in Sicilia ha rappresentato una svolta, un barlume di speranza in un cammino altrimenti irrimediabilmente oscuro.

La testimonianza, presentata in una commovente videointervista durante la cerimonia del premio Alessi, ha illuminato la fragilità e la forza di una famiglia costretta a confrontarsi con l’impensabile.
La loro esperienza ci ricorda la vulnerabilità umana, la precarietà dell’esistenza e l’importanza cruciale della solidarietà globale.

Oggi, grazie a una complessa e altruistica rete di supporto, Ayeda è ricoverata presso l’Ismett, in attesa di un trapianto del fegato, l’unica possibilità concreta di un futuro.

Il direttore generale dell’istituto, Angelo Luca, ha confermato le buone condizioni della piccola, sottolineando l’impegno costante del personale medico e scientifico.

Questa vicenda, oltre ad essere una storia di dolore e speranza, solleva interrogativi profondi sul diritto alla salute, sull’accesso alle cure per i rifugiati e sull’imperativo morale di offrire un futuro dignitoso a bambini come Ayeda, indipendentemente dalla loro provenienza.

È un monito a non dimenticare le storie di chi, come loro, è alla ricerca di un rifugio sicuro e di una speranza concreta.

Un ringraziamento che si trasforma in un appello silenzioso: sostenere questa rete di umanità, continuare a offrire un porto sicuro e a coltivare la speranza per il futuro di Ayeda e di tanti altri bambini che lottano per la vita.

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