Un complesso sistema di appropriazione indebita di fondi pubblici ha portato alla confisca di beni per un valore complessivo di circa 2,5 milioni di euro a carico dell’ex rettore dell’Università di Messina, Salvatore Cuzzocrea, attualmente al centro di un’indagine giudiziaria che lo accusa di plurime fattispecie di peculato.
L’azione, orchestrata congiuntamente dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Messina, si articola in un decreto di sequestro preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari per un importo di 1,6 milioni di euro e in un provvedimento d’urgenza successivo per altri 860.000 euro.
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (PEF) delle Fiamme Gialle, hanno messo a luce un meccanismo sofisticato e strutturato attraverso il quale Cuzzocrea, in qualità di pubblico ufficiale e responsabile scientifico di numerosi progetti di ricerca finanziati all’interno del Dipartimento “ChiBioFaram”, si sarebbe sistematicamente appropriato di risorse destinate alla ricerca scientifica.
Il sistema si basava sulla creazione di una fittizia documentazione contabile, comprendente scontrini, fatture e report di missione, deliberatamente alterati, gonfiati o totalmente inventati per giustificare rimborsi spese non dovuti.
Questa operazione fraudolenta si sarebbe protratta per un arco temporale significativo, coprendo il quadriennio 5820-2023.
Il provvedimento d’urgenza della Procura di Messina si concentra su una seconda filiera di illeciti, in cui Cuzzocrea avrebbe sottratto risorse finanziarie a beneficio di una società agricola collegata a lui.
Questa operazione avrebbe comportato la deviazione di beni e servizi destinati all’università, acquisiti attraverso procedure di affidamento diretto gestite direttamente dall’ateneo.
Anche in questo caso, l’accusa di peculato è stata formalizzata nei confronti dell’ex rettore.
L’analisi della documentazione contabile ha rivelato una serie di anomalie e irregolarità significative.
In particolare, sono stati individuati scontrini fiscali relativi a spese di natura personale, richieste di rimborso per missioni che coincidevano con la partecipazione a eventi ippici e acquisti di materiali non pertinenti alle attività di ricerca, ma direttamente utili alla società agricola riconducibile a Cuzzocrea.
L’indagine ha inoltre esteso la sua attenzione a fatture emesse dall’estero, richiedendo la collaborazione di autorità giudiziarie di paesi come Svizzera, Stati Uniti e Gran Bretagna per ricostruire la filiera dei flussi finanziari illeciti.
L’ex rettore, insieme all’ex direttore generale dell’ateneo, Francesco Bonanno, e a quattro imprenditori, è attualmente in fase processuale a Messina, imputati per irregolarità nella gestione di appalti, forniture e servizi relativi all’Università Peloritana.
Il tribunale li ha rinviati a giudizio per turbativa d’asta e falso commesso da pubblico ufficiale.
Due degli imprenditori coinvolti hanno optato per il patteggiamento, accettando una pena di dieci mesi.
L’Università di Messina si è costituita parte civile nel procedimento, al fine di tutelare il proprio patrimonio e la propria reputazione.
L’inchiesta ha sollevato interrogativi sulla governance e il controllo interno dell’ateneo, evidenziando la necessità di rafforzare i meccanismi di prevenzione e repressione dei fenomeni corruttivi nel settore dell’istruzione superiore.






