Voto di scambio a Palermo: la pm Gallucci rompe il silenzio

L’inchiesta per voto di scambio alle elezioni del 2018 a Palermo e le successive ripercussioni sulla carriera di Anna Gallucci, pubblico ministero a Pesaro, sollevano interrogativi complessi sul delicato rapporto tra autonomia inquirente, direttive della Procura e dinamiche interne al sistema giudiziario.

L’intervista rilasciata a *La Verità* offre uno spaccato inedito, rivelando una frattura profonda con la Magistratura Indipendente e l’Anm, e svelando una serie di circostanze che mettono in discussione l’imparzialità e la trasparenza delle indagini.
La vicenda inizia con la scelta, da parte della Procura, di concentrare l’attenzione sulla Lega, una decisione che ha generato un clima di sospetto e ha anticipato le difficoltà incontrate dalla pm Gallucci.
Durante l’inchiesta per voto di scambio, si è verificato un episodio che ha segnato una cesura nella sua carriera: l’apertura di un fascicolo giudiziario che, a quanto pare, non rientrava nelle direttive prefissate.

La domanda posta dal giornalista, diretta a comprendere il motivo di questa “incongruenza”, ha suscitato una risposta evasiva, una sorta di ammissione velata di una pressione esercitata dall’alto.

L’esperienza maturata a Termini Imerese, dove Gallucci si è trovata a gestire indagini che coinvolgevano sia l’area politica di centrodestra che quella di centrosinistra, aveva già prefigurato le difficoltà che l’attendevano.

La pm descrive un’atmosfera che cambiava improvvisamente, un’aria di ostilità che si manifestava in seguito all’emersione di elementi che incagliavano le indagini.
Un elemento cruciale è la direttiva impartita dal procuratore Ambrogio Cartosio, che aveva ordinato di procedere con una richiesta di misura cautelare nei confronti di esponenti del partito Noi con Salvini, in presunta condivisione con il procuratore generale Roberto Scarpinato.

Tuttavia, le indagini di Gallucci si erano estese ad altri gruppi politici, elementi che, secondo il procuratore Cartosio, non risultavano “rilevanti” e che avrebbero dovuto portare all’archiviazione.
La pm, pur obbedendo all’ordine ricevuto, riteneva necessario proseguire le indagini su tutti i soggetti coinvolti, una scelta che ha innescato una serie di conseguenze negative.
Il rapporto con il procuratore Cartosio è mutato radicalmente, segnando l’avvio di un procedimento disciplinare e una valutazione negativa da parte di Scarpinato.

Anche il Consiglio Superiore della Magistratura, pur ascoltando la pm, non ha dato seguito alle richieste di Cartosio e Scarpinato, ma l’esperienza ha richiesto anni di difesa.
Un altro episodio significativo riguarda la partecipazione, autorizzata dal procuratore, a una conferenza stampa successiva alle elezioni politiche del 2018.

Durante l’evento, Gallucci propose di precisare che il senatore Salvini non era a conoscenza dei fatti oggetto dell’indagine, una precisazione giudicata “irrilevante” dal procuratore.
Questo episodio, apparentemente minore, riflette un tentativo di occultare informazioni che avrebbero potuto compromettere l’immagine di una figura politica di primo piano.

La vicenda solleva interrogativi fondamentali sulla possibilità per i magistrati di operare in piena autonomia, senza subire pressioni o influenze esterne.

L’episodio di Anna Gallucci, con la sua complessità di rapporti gerarchici, direttive contrastanti e conseguenze disciplinari, diventa un campanello d’allarme sulla necessità di garantire la trasparenza e l’indipendenza del sistema giudiziario, pilastri essenziali per la tutela dello stato di diritto.

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