Il procedimento giudiziario relativo all’inchiesta Almasri, che vedeva coinvolti il Ministro della Giustizia Nordio, il Ministro dell’Interno Piantedosi e il Sottosegretario Mantovano, ha raggiunto la sua conclusione formale.
A seguito del voto espresso dalla Camera dei Deputati il 9 ottobre, che ha respinto l’istanza di autorizzazione a procedere nei confronti dei tre esponenti governativi, il Tribunale dei Ministri ha provveduto all’archiviazione del fascicolo.
La decisione, formalmente comunicata alla Giunta per le Autorizzazioni parlamentari e alla Procura procedente, rappresenta una tappa cruciale nel complesso iter processuale che si sviluppa in materia di responsabilità dei membri del Governo.
L’archiviazione non costituisce, di per sé, una valutazione di innocenza dei soggetti coinvolti, bensì riflette l’esito di una decisione politica, esercitata dal Parlamento, in virtù dell’articolo 96 della Costituzione.
Quest’articolo, infatti, stabilisce un regime di responsabilità speciale per i membri del Governo, subordinandone l’ammissibilità di un procedimento penale all’autorizzazione del Parlamento.
Questa peculiare disciplina, volta a garantire l’autonomia decisionale del Governo e a evitare che interferenze giudiziarie possano compromettere l’operatività del potere esecutivo, si configura come un meccanismo di garanzia sia per l’organo governativo che per l’indipendenza del potere giudiziario.
L’esito del voto parlamentare, e conseguentemente l’archiviazione disposta dal Tribunale dei Ministri, solleva interrogativi significativi sul delicato equilibrio tra l’esercizio della funzione giudiziaria e le prerogative del Parlamento.
La decisione, infatti, evidenzia come il processo decisionale in materia di responsabilità dei membri del Governo sia intrinsecamente politico, demandando al legislatore eletto il compito di valutare se sussistano o meno i presupposti per l’avvio di un procedimento penale.
Il caso Almasri, pertanto, rientra in un quadro più ampio di riflessioni riguardanti la responsabilità politica e giuridica dei detentori del potere, e la necessità di bilanciare l’imperativo di accertamento della verità con la tutela del buon funzionamento delle istituzioni democratiche.
La decisione parlamentare, pur rappresentando un atto formale, segna un punto di arresto in questa specifica vicenda, ma lascia aperta la questione più ampia relativa alla natura e ai limiti del controllo politico-giudiziario del Governo.






