mercoledì 6 Agosto 2025
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Potenza

Nuova svolta nel caso Orioli-Andreotta: richiesta di avocazione

La famiglia Orioli ripropone l’urgenza di una revisione radicale delle indagini riguardanti la tragica scomparsa di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, coppia di giovani amanti rinvenuti senza vita a Policoro il 23 marzo 1988.
L’avvocato Antonio Fiumefreddo, incaricato da Olimpia Fuina Orioli, madre di Luca, ha formalmente richiesto alla Procura Generale di Potenza di avocare il caso, innescando un processo volto a superare decenni di presunte inefficienze, omissioni e potenziali depistaggi che hanno caratterizzato l’inchiesta originale.

La richiesta di avocazione non si configura come una semplice contestazione di precedenti decisioni, ma come un appello a risvegliare una coscienza istituzionale apparentemente assopita, a porre fine a un silenzio che la famiglia Orioli definisce inequivocabilmente colpevole.
L’accusa è pesante: un’indagine originariamente condotta con insufficiente rigore, con testimonianze cruciali ignorate, intercettazioni telefoniche non acquisite e perizie potenzialmente manipolate, tutte circostanze che hanno contribuito a costruire una narrazione che la famiglia Orioli ritiene deliberatamente fuorviante, un tentativo di celare un duplice omicidio dietro la maschera di un suicidio o di un incidente.
L’istanza di avocazione dettaglia una serie di irregolarità e carenze istruttorie che, secondo i richiedenti, minano irrimediabilmente la validità delle conclusioni a cui si è giunti.
Si evince la necessità di analizzare i tabulati telefonici dei giorni immediatamente successivi alla morte, cruciali per ricostruire i movimenti e i contatti dei soggetti coinvolti.
Si sottolinea l’importanza di escutere una ventina di testimoni considerati chiave, le cui deposizioni potrebbero gettare nuova luce sui fatti.

L’utilizzo di moderne tecnologie medico-legali, come l’analisi body scan sui resti esumati, si propone come strumento per ottenere risposte più precise e definitive sulle cause del decesso, superando i limiti delle perizie eseguite in un’epoca in cui le competenze e le metodologie erano meno sofisticate.

Particolare attenzione è rivolta alla vicenda del falso in perizia Valecce, un episodio che solleva interrogativi inquietanti sulle possibili manipolazioni delle prove e sulle responsabilità di chi ha contribuito a distorcere la verità.
Nonostante le accuse di falso, questa inchiesta è stata archiviata per decorrenza dei termini, lasciando irrisolti interrogativi che alimentano il sospetto di un insabbiamento deliberato.

Olimpia Fuina Orioli, con la forza di una madre dilaniata dal dolore e dalla sete di giustizia, esprime il suo profondo rammarico per il protrarsi di un’attesa che si protrae da oltre trent’anni.
La sua dichiarazione è un atto di accusa nei confronti di un sistema giudiziario che, a suo dire, ha fallito nel suo dovere di tutelare la verità e di garantire giustizia per i suoi figli.
La sua richiesta è un grido di speranza, un appello affinché lo Stato non si arroghi la colpa di un oblio ingiusto, non si renda complice di un silenzio che offusca la giustizia.
La Procura Generale di Potenza è ora chiamata a esercitare il suo ruolo di garante della legalità, valutando attentamente le evidenze presentate e decidendo se avocare l’indagine.
La decisione sarà cruciale non solo per la famiglia Orioli, ma anche per l’intera comunità, poiché solleverà interrogativi profondi sulla trasparenza del sistema giudiziario e sulla capacità di perseguire la verità, anche a distanza di molti anni.

La perizia Umani Ronchi del 1994, che già evidenziava elementi compatibili con una morte violenta, rappresenta un ulteriore elemento a sostegno della richiesta di avocazione, un monito a non ignorare le voci del passato.

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