La recente iscrizione della cucina italiana nel registro dei patrimoni immateriali dell’UNESCO rappresenta per Vitantonio Lombardo, chef lucano di fama internazionale, non solo un motivo di celebrazione, ma un’imponente chiamata alla responsabilità.
Questa nomina, un riconoscimento globale della straordinaria ricchezza e diversità del patrimonio gastronomico italiano, sollecita un impegno profondo: non la semplice conservazione della tradizione, bensì la sua continua evoluzione, un percorso che integra memoria e innovazione con sguardo rivolto al futuro.
L’ottava stella consecutiva ottenuta dal suo ristorante nei suggestivi Sassi di Matera, città intrisa di storia e cultura, testimonia la sua capacità di bilanciare sapientemente questi due poli.
La cucina di Lombardo non è una mera riproposizione del passato, ma un dialogo fecondo tra le radici più profonde e le influenze contemporanee, un’interpretazione audace che celebra l’eccellenza dei prodotti locali senza rinunciare a un orizzonte più ampio, fatto di scambi culturali e sperimentazioni.
L’analogia con la città stessa è potente e significativa.
Come Matera, rinata dalle ceneri della marginalità per diventare Capitale Europea della Cultura nel 2019 e Capitale Mediterranea della Cultura e Dialogo nel 2026, anche la cucina italiana deve incarnare lo spirito di apertura e accoglienza.
Il motto “Open Future”, che ha accompagnato il percorso di Matera, diventa un principio guida per la gastronomia italiana: abbracciare le opportunità del domani senza negare il valore intrinseco del proprio passato.
Lombardo sottolinea come la cucina italiana, al pari di Matera, sia un crogiolo di culture, un luogo di incontro e di scambio.
La sua visione culinaria non si limita a esaltare le risorse del territorio lucano, ma integra con maestria ingredienti provenienti da tutto il mondo, creando piatti che raccontano storie di migrazione, di commercio e di contaminazione culturale.
Questa apertura non è una negazione della tradizione, bensì un suo arricchimento, una dimostrazione della sua vitalità e della sua capacità di adattamento.
La vera essenza del patrimonio gastronomico italiano risiede nella trasmissione generazionale di saperi e tecniche, nelle ricette tramandate di nonno in nipote, nei gesti ripetuti e affinati nel tempo.
È questo patrimonio immateriale, questo bagaglio di esperienze e di conoscenze, che ha reso la cucina italiana degna di riconoscimento UNESCO.
La sfida, ora, è preservare questa eredità, non come un oggetto da museo, ma come una fiamma viva, capace di illuminare il futuro.
La cucina italiana deve rimanere un laboratorio di creatività, un luogo dove la tradizione e l’innovazione si incontrano e si fondono, dando vita a nuove espressioni di gusto e di cultura.
Un futuro gastronomico che sappia onorare il passato, accogliere il presente e proiettarsi verso nuove frontiere culinarie.






