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Sofia Corradi, l’architetta di Erasmus e la sua eredità.

Il panorama dell’istruzione superiore europea, plasmato da una mobilità studentesca senza precedenti, deve un debito inestimabile a Sofia Corradi, figura chiave nella storia dell’integrazione accademica e scomparsa di recente all’età di 91 anni.

La sua eredità, incarnata nel programma Erasmus+, ha permesso a oltre sedici milioni di giovani di intraprendere esperienze formative all’estero, mantenendo intatte le loro opportunità di percorso accademico.
La genesi di questa rivoluzione non fu figlia del successo, bensì di una frustrante esperienza personale.

Nel 1957, Sofia Corradi ottenne una prestigiosa borsa di studio Fulbright che le spalancò le porte della Columbia University di New York.
L’entusiasmo per le nuove conoscenze e le prospettive internazionali si infranse contro un muro burocratico al suo rientro in Italia.

La sua università, in un’epoca caratterizzata da una frammentazione dei sistemi di riconoscimento dei titoli accademici tra le nazioni europee, si rifiutò di convalidare gli esami sostenuti all’estero, vanificando il suo impegno e la sua dedizione.

Questa ingiustizia, anziché demotivare Sofia Corradi, accese in lei una profonda determinazione.

Invece di lasciarsi sopraffare dalla delusione, trasformò la sua personale sconfitta in una missione: garantire che nessun altro studente dovesse affrontare un simile ostacolo.
Con la visione di un’Europa accademica più fluida e collaborativa, propose un progetto innovativo, un sistema di scambi integrato tra le università europee.

Il percorso fu lungo e complesso, costellato di sfide burocratiche e resistenze culturali.

Solo nel 1987, dopo vent’anni di perseveranza e negoziazioni, il progetto prese forma ufficiale, divenendo il programma Erasmus, intitolato in onore di Erasmo da Rotterdam, simbolo dell’umanesimo e della ricerca della conoscenza oltre i confini nazionali.
Sofia Corradi, affettuosamente soprannominata “mamma Erasmus”, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’istruzione.
La sua figura, oltre a essere una brillante accademica, ordinaria di scienze dell’educazione all’Università Roma Tre, si è distinta per la sua energia inesauribile, la generosità intellettuale e l’empatia verso le nuove generazioni.
La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile, ma l’eredità del suo impegno per l’integrazione europea e la promozione della mobilità studentesca continua a ispirare e a guidare il futuro dell’istruzione superiore.

Il suo contributo non si limita alla mera facilitazione di scambi accademici, ma rappresenta un atto di profonda fiducia nel potenziale trasformativo dell’esperienza internazionale per la crescita personale e professionale dei giovani, contribuendo a costruire un’Europa più coesa e consapevole.

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