La giustizia sportiva e civile si è conclusa con una svolta significativa nell’inchiesta “Prisma”, che ha investito uno dei club più iconici del panorama calcistico italiano, la Juventus.
Il Tribunale di Roma, presieduto dal giudice unico preliminare (GUP) Anna Maria Gavoni, ha autorizzato accordi di patteggiamento per diversi ex dirigenti bianconeri, segnando una tappa cruciale in un procedimento giudiziario complesso e mediaticamente rilevante.
L’inchiesta “Prisma” si è focalizzata su presunte irregolarità nella gestione delle plusvalenze derivanti da operazioni di cessione e acquisizione di calciatori, sollevando interrogativi sulla correttezza delle pratiche contabili e sulla trasparenza delle operazioni finanziarie che hanno caratterizzato il mercato trasferimenti della Juventus in anni recenti.
Le accuse contestate agli imputati, tra cui spiccano figure di primo piano come Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Fabio Paratici, includono reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza di organi di controllo e false fatturazioni, reati che, se provati, avrebbero potuto comportare sanzioni severe sia a livello penale che amministrativo.
L’approvazione dei patteggiamenti, che si traducono in pene sospese e sanzioni pecuniarie, testimonia una strategia difensiva orientata alla minimizzazione delle conseguenze legali e alla chiusura del procedimento giudiziario in tempi più brevi rispetto a un processo con la piena discussione delle prove.
Andrea Agnelli, figura centrale nella gestione del club per anni, dovrà scontare un anno e otto mesi di reclusione con sospensione condizionale, mentre Pavel Nedved e Fabio Paratici riceveranno rispettivamente un anno e due mesi e un anno e sei mesi di reclusione con la stessa modalità.
Un altro imputato ha ottenuto una pena ridotta a undici mesi.
Il procedimento ha visto anche la disposta multa a carico della società Juventus per un importo di 156.000 euro, un segnale della ripercussione delle irregolarità contestate sull’intera struttura del club.
Un elemento significativo è rappresentato dall’accordo risarcitorio raggiunto con un terzo delle oltre 200 parti civili, per un ammontare complessivo di 1.800.000 di euro.
Questo accordo, sebbene non esonera la Juventus da ulteriori responsabilità, dimostra una volontà di compensare i danni reputazionali ed economici derivanti dalle accuse.
La vicenda solleva interrogativi più ampi sulla governance del calcio italiano, sulla necessità di controlli più rigorosi e sulla trasparenza delle operazioni finanziarie che regolano il mercato dei calciatori.
La conclusione del procedimento con patteggiamento, pur rappresentando una soluzione pragmatica per le parti coinvolte, non cancella la necessità di una riflessione più profonda sulle dinamiche che hanno portato a questa situazione, al fine di garantire un futuro più equo e trasparente per il mondo del calcio.
L’assoluzione di Maurizio Arrivabene, con il provvedimento di non luogo a procedere, rappresenta un ulteriore elemento di complessità in un quadro giudiziario tuttora in evoluzione.