La scomparsa di Karl Evver, artista piacentino prolifico e originale (1964-2023), lascia un vuoto nel panorama dell’arte contemporanea italiana.
La sua opera, complessa e stratificata, si concentra nell’esplorazione del concetto di identità, declinato attraverso due cicli pittorici distinti ma interconnessi: “Il Milite Ignoto e Piero Manzoni”, ora esposti presso lo spazio Ottofinestre di Torino fino al 17 gennaio.
La mostra, più che una retrospettiva, offre una chiave di lettura profonda della visione artistica di Evver, un viaggio introspettivo tra memoria collettiva, individualità e il ruolo dell’artista nella società.
Il ciclo “Il Milite Ignoto e Piero Manzoni” non è una semplice giustapposizione di figure, ma un dialogo teso e stimolante.
Il Milite Ignoto, archetipo dell’eroe dimenticato, incarna l’identità collettiva, la memoria di un dolore condiviso e l’universalità dell’esperienza umana.
Evver lo rappresenta come un’entità sospesa nel tempo, un volto privo di tratti specifici, una figura ridotta a segno, a traccia evanescente.
La tavolozza, dominata da toni terrosi, grigi polverosi e ocra spenti, evoca l’atmosfera opprimente delle trincee, la fragilità della carne, la freddezza del metallo, creando un senso di perdita e di incomunicabilità.
L’artista, in un’intervista, ha definito il Milite Ignoto come “l’ultimo mito di vera sacralità”, un baluardo di significato in un’epoca segnata dalla crescente frammentazione e dalla perdita di valori condivisi.
Questa scelta rivela una profonda malinconia e un desiderio di recuperare un senso di appartenenza e di comunità.
In contrapposizione, il ciclo dedicato a Piero Manzoni indaga la figura dell’artista come costruttore di significato, come provocatore e sovvertitore di convenzioni.
Evver, ispirato dalla radicalità concettuale del maestro del Neo-Concettualismo, lo trasforma in una figura popolare, quasi un personaggio da fumetto.
Il ritratto di Manzoni viene filtrato attraverso una lente ironica, demistificandolo e portandolo in un ambito di accessibilità più ampio.
L’estetica “Bad Painting”, volutamente imperfetta e apparentemente ingenua, e il surreale senso dell’umorismo, non mirano a sminuire l’importanza dell’opera di Manzoni, ma a esaminare il ruolo dell’artista nella società, la sua capacità di sfidare le regole e di interrogare i confini del possibile.
Si percepisce una volontà di smitizzare l’artista genio, per restituirgli una dimensione umana, fallibile e ironica.
L’accostamento di queste due figure apparentemente antitetiche – l’anonimato del Milite Ignoto e la provocazione di Manzoni – non è casuale.
Evver, con maestria, mette in luce le contraddizioni del nostro tempo, la tensione tra la necessità di appartenenza e il desiderio di individualità, tra la ricerca di significato e la presa di distanza dalla tradizione.
La sua opera, più che una semplice rappresentazione di figure storiche, è una riflessione profonda sulla condizione umana, un invito a interrogarci sul nostro posto nel mondo e sul significato della nostra esistenza.
L’arte di Evver si rivela, dunque, un potente strumento di analisi sociale e di ricerca di senso, un’eredità preziosa per le generazioni future.







