L’amarezza di una sconfitta, particolarmente in un torneo prestigioso come le ATP Finals, si esprime spesso attraverso l’analisi post-partita, una disamina volta a scovare le sfumature che hanno condotto al risultato finale.
Ben Shelton, dopo la resa (6-3, 7-6) contro Alexander Zverev nel suo debutto torinese, si è focalizzato con lucidità sui momenti cruciali, in particolare sui tre set point sfuggiti di mano nel secondo set.
Non si tratta di rimpianto sterile, bensì di una valutazione costruttiva delle proprie dinamiche di gioco.
“Se potessi rivivere quei tre set point, lo farei senza esitazione,” ha confessato Shelton, non percependo un reale squilibrio tattico in quel frangente specifico.
Piuttosto, riconosce un’eccessiva enfasi, un’accelerazione forse non necessaria che ha compromesso la sua gestione del momento.
Tuttavia, l’esperienza, seppur dolorosa, lascia un retrogusto positivo.
Raggiungere la posizione di poter chiudere un set, soprattutto affidandosi al proprio servizio, è una testimonianza della propria crescita e della capacità di creare opportunità vincenti.
Shelton ha evidenziato, con soddisfazione, la performance del suo rovescio, un colpo che raramente aveva utilizzato in maniera così efficace.
La sensazione di controllo, la capacità di imprimere potenza e precisione in quel lato del campo, hanno rappresentato una novità significativa nel suo gioco.
L’abilità di generare colpi vincenti con il rovescio, solitamente un’area di relativa debolezza, ha contribuito a una partita più equilibrata e a un’alternanza di vantaggi.
Nonostante la solidità del rovescio, la partita si è decisa sul diritto, un’arma che, pur essendo una componente chiave del suo gioco, si è rivelata vulnerabile.
La precisione e la potenza del servizio di Zverev hanno costituito un ostacolo formidabile, rendendo estremamente difficile costruire punti e mettere in difficoltà l’avversario.
Tuttavia, Shelton non si è lasciato abbattere.
Ha sottolineato un miglioramento progressivo nel corso dell’incontro, un segnale di resilienza e di capacità di adattamento.
La riflessione conclusiva, carica di un pizzico di rimpianto, è il “se”: se avesse convertito uno di quei set point, lo scenario attuale sarebbe stato decisamente diverso.
Un’ammissione umile, la base per una crescita futura e la promessa di un ritorno ancora più determinato.







