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69° anniversario del disastro del Monte Giner: la tragedia LAI

Il 22 dicembre di ogni anno segna un anniversario doloroso, il 69° dal disastro aereo che il 1956 colpì il Monte Giner, in Val di Sole.

Un Dakota DC-3 delle Linee Aeree Italiane (LAI) si schiantò a 2.600 metri di altitudine, spegnendo la vita di 23 persone: quattro membri dell’equipaggio – il pilota Giorgio Gasperoni, il secondo pilota Lamberto Tamburinelli, il marconista Romano D’Amico e l’hostess Maria Luisa Onorati – e diciassette passeggeri.

Tra questi, il manager della Coca-Cola Harris Gray, in viaggio con la moglie, e figure di spicco come il nipote del Papa Pio XII, Marcantonio Pacelli, il sottosegretario Giuseppe Brusasca e il segretario della Cisl Giulio Pastore, i quali scelsero fortunosamente di rimanere a terra.

La LAI, nata nel 1946 in un contesto di ricostruzione post-bellica e del graduale superamento del veto alleato alla ripresa dell’aviazione civile italiana, rappresentava un’ambiziosa iniziativa industriale.

Costituita con la partecipazione di aziende come Transcontinental e Western Air, Fiat, Piaggio e la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali, la compagnia mirava a competere nel nascente mercato del trasporto aereo nazionale.

La sua flotta, composta da aerei provenienti da scorte militari dismesse, copriva le principali rotte italiane, inclusa una fermata a Bolzano.
Il volo, partito dall’aeroporto di Roma Ciampino con destinazione Milano Malpensa, deviò in modo anomalo per 150 chilometri, precipitando nella remota area di Pale Perse.
L’ironia del destino si fa amara quando si considera che in quel periodo, Ossana si preparava alle festività natalizie, esponendo presepi artigianali, uno dei quali dedicato alla tragedia.
Una registrazione audio ricorda le condizioni meteorologiche avverse, con venti gelidi e un maltempo generalizzato che paralizzava le attività aeroportuali.

L’aereo, dopo un inizio apparentemente normale, iniziò a segnalare pesanti formazioni di ghiaccio, preludio di una catastrofe.

Le operazioni di soccorso furono immediate e impegnative.

Centocinquanta uomini del Soccorso alpino del Trentino e alpini dell’Esercito mobilitarono tutte le loro risorse, mentre il Centro soccorso aereo militare di Milano Linate tentò di inviare un elicottero, ostacolato dalle condizioni meteorologiche proibitive.
Solo il 24 dicembre, la mattina di Natale, il relitto dell’aereo e le vittime furono individuati sul Monte Giner, a costo di ferire sette soccorritori.

Il recupero dei corpi avvenne il giorno successivo, il 25 dicembre, amplificando il dolore e la commozione collettiva.

Il disastro del Monte Giner non fu un evento isolato.
La LAI aveva già accumulato una storia di incidenti, alcuni dei quali con esiti fatali, che contribuirono a gettare una luce critica sulla sua gestione.

Nel 1957, la compagnia venne messa in liquidazione e assorbita da Alitalia, l’unica capace di fronteggiare la sua concorrenza sulle rotte internazionali.
Le indagini condotte dalla procura di Trento si conclusero nel 1961 con l’archiviazione del caso, sollevando però forti perplessità.
Il contrasto tra le conclusioni dei giudici e quelle della Commissione d’inchiesta del Ministero dei trasporti, come evidenziato dal giornale Alto Adige, suggeriva una fretta inusuale e una possibile mancanza di trasparenza.
Anche La Giustizia espresse dubbi, sottolineando la frequenza spaventosa degli incidenti LAI e mettendo in discussione l’ipotesi di semplice fatalità.
Le accuse che gravitarono sulla LAI andavano oltre la mera questione tecnica, insinuando dissidi interni e una paralisi organizzativa che compromettevano la sicurezza dei voli.
I corsi di specializzazione dei piloti, caratterizzati da una durata ridotta per motivi economici, erano un ulteriore elemento di preoccupazione.

La tragedia del Monte Giner, dunque, si configurava non solo come un evento doloroso, ma anche come un sintomo di un sistema più ampio, segnato da scelte economiche discutibili e da una gestione della sicurezza a dir poco lacunosa, lasciando dietro di sé un velo di mistero e un interrogativo che continua a risuonare: cosa è andato veramente storto?

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