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domenica 2 Novembre 2025

Europa e Palestina: la frattura che mina la pace e l’autonomia.

L’inerzia europea verso il riconoscimento dello Stato di Palestina rivela una profonda frattura politica e una pericolosa sottovalutazione delle implicazioni geopolitiche in gioco.

Mentre numerosi paesi, superando i 150 membri delle Nazioni Unite, hanno già formalmente riconosciuto la Palestina, la resistenza di nazioni come la Germania e l’Italia desta interrogativi sul reale impegno dell’Europa verso una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese.

Questa reticenza, lungi dall’essere un mero atto formale, alimenta il perpetuarsi di un clima di incertezza e ostilità, erodendo le fondamenta di un futuro di convivenza.
Affermare che il riconoscimento di uno Stato palestinese equivalga a un sostegno incondizionato ad Hamas è un’interpretazione semplicistica e, francamente, fuorviante.

Si tratta, piuttosto, di un gesto di riconoscimento della legittimità del popolo palestinese e del suo diritto all’autodeterminazione, un elemento imprescindibile per qualsiasi tentativo di mediazione e di costruzione di una pace duratura.

La divisione territoriale, menzionata da Josep Borell, non è un dono, ma un principio fondamentale per garantire la sicurezza e la prosperità di entrambe le popolazioni.

La risposta dell’Unione Europea alla catastrofe umanitaria in corso a Gaza appare, a detta dello stesso Borell, profondamente inadeguata.

L’impegno finanziario proposto – 220 milioni di euro annui – si configura come una goccia nell’oceano, un segnale di debolezza che rischia di rafforzare la percezione di un’Europa distante e poco incline ad agire concretamente.

Il complesso meccanismo decisionale europeo, che vede la Commissione proporre e il Consiglio e gli Stati membri decidere, contribuisce a rallentare i processi e a diluire la responsabilità collettiva.
Oltre al conflitto israelo-palestinese, Borell ha sollevato un’altra questione cruciale: la difesa europea.
La crescente incertezza sul futuro del sostegno americano, unita alla crescente instabilità globale, impone agli europei di assumersi la responsabilità della propria sicurezza.

Un’Europa che non si sente europea, che non valorizza il proprio spazio vitale e la propria identità, è un’Europa vulnerabile, destinata a subire le conseguenze delle scelte altrui.

La consapevolezza di questa necessità, purtroppo, sembra ancora latente in ampi settori dell’opinione pubblica e tra alcuni leader politici, perpetuando una pericolosa dipendenza da forze esterne e compromettendo la capacità dell’Europa di agire autonomamente sulla scena internazionale.
L’autonomia strategica non è un’opzione, ma un imperativo per il futuro dell’Europa.

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