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Ghiacciai Trentini: Estate 2025, Perdite Allarmanti e Tendenza Accelerata

L’estate 2025 si rivela un capitolo di ulteriore sofferenza per i ghiacciai trentini, confermando una tendenza allarmante di perdita di massa accelerata.

I dati preliminari relativi al bilancio di massa annuale, ottenuti da misurazioni estive condotte con rigore scientifico, dipingono un quadro preoccupante: le perdite di spessore variano dai 65 centimetri ai 2,10 metri di acqua equivalente, un intervallo che esprime una stagione profondamente negativa per la conservazione di queste preziose risorse idriche alpine.

Nonostante la presenza di nevicate estive in alta quota, un fenomeno che in passato offriva un parziale sollievo, queste si sono dimostrate insufficienti a compensare la fusione generalizzata.

Le superfici esposte a quote inferiori hanno subito una marcata riduzione di massa, evidenziando una vulnerabilità crescente.

La collaborazione sinergica tra l’Ufficio Previsioni e pianificazione della Provincia autonoma di Trento, la Commissione Glaciologica della SAT (Società degli alpinisti tridentini), il MUSE, il Servizio Glaciologico lombardo e l’Università degli Studi di Padova testimonia l’importanza di un approccio multidisciplinare per affrontare un problema di tale portata.
Il ghiacciaio del Careser emerge come il più penalizzato, un indicatore emblematico della crisi.

La scarsità di precipitazioni nevose durante l’inverno, unitamente a ondate di calore protratte nel tempo, hanno innescato un’esposizione prematura del nucleo glaciale già a metà luglio.

Questo fenomeno, amplificato dalla limitata capacità di ricaduta nevosa estiva, si traduce in una perdita media di 2,10 metri di acqua equivalente, un valore che si colloca tra i più elevati registrati negli ultimi dieci anni, segnalando un’accelerazione rispetto ai decenni precedenti.
Il ghiacciaio del La Mare, situato a maggiore altitudine, ha beneficiato di una protezione parziale, seppur insufficiente, grazie alla copertura nevosa estiva.

Tuttavia, le ondate di calore estive, con picchi termici significativi a giugno e agosto, hanno continuato a provocare una fusione considerevole.
Solo al di sopra dei 3.300 metri persiste una residuale copertura nevosa invernale, un residuo fragile che non riesce a invertire la tendenza alla diminuzione del volume glaciale.
Situazione analoga si riscontra nel bacino idrografico dell’Adamello-Mandrone, dove la fusione si è estesa fino a quote di 3.200 metri, lasciando sopravvivere la neve invernale solo in aree ristrette e limitate in quota.

Su una superficie di 13,05 km², la perdita media stimata si attesta a 1,10 metri di acqua equivalente, un dato che sottolinea la fragilità di questo importante ghiacciaio.
È importante sottolineare che il calcolo dettagliato e convalidato del bilancio di massa, che terrà conto di tutti i fattori influenti e seguirà metodologie scientifiche consolidate, sarà completato nei prossimi mesi.

Questo processo permetterà di ottenere un quadro ancora più preciso della situazione e di sviluppare strategie di monitoraggio e mitigazione più efficaci, tenendo presente che i ghiacciai non sono solo elementi del paesaggio, ma anche regolatori cruciali del ciclo idrologico alpino, con ripercussioni significative sulla disponibilità di acqua per l’agricoltura, l’industria e l’ecosistema montano.
La loro scomparsa accelerata rappresenta, dunque, una sfida complessa e urgente per l’intera comunità.

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