Luminescenza del ghiaccio: nuova spiegazione grazie a simulazioni avanzate

L’osservazione di una luminescenza in cristalli di ghiaccio esposti a radiazione ultravioletta, un fenomeno risalente a oltre quattro decenni fa, ha da subito rappresentato una sfida intrigante per la comunità scientifica.

Un recente studio, frutto di una sinergia innovativa tra il Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam (ICTP) di Trieste e l’Università di Chicago, offre una spiegazione dettagliata e sofisticata a questo comportamento inatteso, pubblicata sulla prestigiosa rivista *Proceedings of the National Academy of Sciences* (PNAS).
La chiave di questa scoperta risiede nella complessa microstruttura del ghiaccio, ben lungi dall’essere un solido omogeneo e perfetto.

Al contrario, anche a livello macroscopico, i cristalli di ghiaccio presentano una rete intricata di difetti, imperfezioni microscopiche che alterano la loro composizione e le loro proprietà.

Lo studio, condotto congiuntamente dai ricercatori Ali Hassanali dell’ICTP e Giulia Galli dell’Università di Chicago, ha dimostrato come questi difetti agiscano da veri e propri centri di trasformazione dell’energia luminosa, assorbendo la radiazione ultravioletta e riemettendola a lunghezze d’onda inferiori, generando così la fluorescenza osservata.

Il lavoro di Marta Monti, del gruppo di Hassanali e prima autrice dello studio, ha introdotto un approccio teorico dirompente.

Partendo dalle avanzate tecniche di simulazione sviluppate dal gruppo di Galli, Monti ha affrontato il problema in maniera radicalmente nuova, descrivendo il cristallo di ghiaccio non come un modello semplificato, ma come un sistema quantistico completo, includendo dettagliatamente la geometria e la composizione atomica.

Questo approccio permette di simulare con elevata accuratezza l’interazione luce-ghiaccio, catturando fenomeni che sfuggono alle rappresentazioni più rudimentali.
Le simulazioni hanno rivelato che l’introduzione controllata di difetti – ad esempio, la presenza di vuoti o la variazione nella disposizione degli atomi di ossigeno e idrogeno – provoca cambiamenti significativi negli spettri di assorbimento ed emissione, perfettamente coerenti con i dati sperimentali.
Questi risultati forniscono una validazione cruciale del modello teorico e aprono nuove prospettive per la comprensione dei processi fisici e chimici che governano la luminescenza del ghiaccio.

Le implicazioni di questa ricerca si estendono ben oltre il laboratorio.
La capacità di comprendere e modellare l’interazione tra luce e ghiaccio ha un potenziale enorme per migliorare la nostra comprensione dei processi atmosferici e planetari.
Il ghiaccio, infatti, gioca un ruolo cruciale nel bilancio energetico dell’atmosfera terrestre e di altri corpi celesti, influenzando la temperatura e la circolazione.

Un modello più accurato del comportamento del ghiaccio alla luce solare potrebbe permettere di fare previsioni più affidabili sui cambiamenti climatici e sull’evoluzione dei sistemi planetari.

Guardando al futuro, Ali Hassanali esprime il desiderio di consolidare la collaborazione con il gruppo di Galli, esplorando l’integrazione delle simulazioni con tecniche di *machine learning*.
Questa sinergia promette di accelerare notevolmente i calcoli e di svelare aspetti ancora più complessi dell’interazione luce-ghiaccio, aprendo la strada a una nuova era nella ricerca sui materiali e sui processi ambientali.

L’uso di algoritmi di apprendimento automatico potrebbe, in definitiva, permettere di predire il comportamento del ghiaccio in condizioni estreme e di sviluppare nuove tecnologie basate sulla luminescenza.

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