Il 3 settembre 1982, Palermo fu teatro di un evento che segnò profondamente la storia d’Italia, un atto violento che colpì non solo due vite innocenti, ma anche gli stessi fondamenti della Repubblica: l’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della sua compagna, Emanuela Setti Carraro.
Ricordare questa tragedia, come ha sottolineato il procuratore capo in pensione Carlo Mastelloni, non è un mero esercizio di memoria, ma un dovere civico imprescindibile per comprendere le dinamiche complesse che hanno attraversato il nostro Paese in quegli anni bui.
Dalla Chiesa non fu un eroe isolato, bensì un simbolo incarnato di un Servizio dello Stato che si ergeva a baluardo contro le minacce, sia interne che esterne.
La sua carriera lo vide impegnato in prima linea nella lotta contro la mafia, un’organizzazione criminale radicata nel tessuto sociale siciliano e capace di influenzare le dinamiche politiche ed economiche.
Parallelamente, si distinse nella repressione delle attività eversione, contrastando con fermezza le azioni di gruppi armati che miravano a destabilizzare l’ordine democratico.
L’esperienza di Mastelloni, che affiancò Dalla Chiesa nella lotta contro le prime e seconde colonne venete delle Brigate Rosse, offre una prospettiva preziosa per ricostruire il contesto in cui maturò l’attentato.
Queste organizzazioni armate, alimentate da un clima di tensione sociale e politica, rappresentavano una seria minaccia alla stabilità del Paese, e Dalla Chiesa, con la sua intransigenza e il suo coraggio, si era posto come un ostacolo ineliminabile.
L’attentato di Palermo non fu un evento isolato, ma il culmine di una strategia di destabilizzazione che coinvolse diverse componenti criminali ed eversive.
La connessione tra la mafia e i gruppi armati, la presenza di interessi occulti e la complicità di figure istituzionali rimangono ancora oggi oggetto di indagine e di dibattito storico.
La verità completa su chi ordinò e attuò l’attentato è ancora avvolta nell’ombra, ma l’impegno per la trasparenza e la giustizia non deve mai cessare.
Il sacrificio di Dalla Chiesa e Setti Carraro ci ricorda l’importanza di difendere i valori democratici, di combattere la criminalità organizzata e di garantire la legalità.
La loro memoria deve ispirarci a perseguire un futuro in cui la giustizia prevalga sulla violenza e la verità illumini le tenebre del passato.
Ricordare significa anche riflettere sulle responsabilità individuali e collettive che hanno contribuito a creare un clima di impunità e di paura, e agire concretamente per costruire una società più giusta e sicura per tutti.
La loro eredità è un monito costante: la vigilanza e l’impegno civile sono le armi più efficaci contro ogni forma di illegalità e di barbarie.