martedì 19 Agosto 2025
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Eliturismo in montagna: CAI lancia l’allarme per l’ambiente.

L’escalation di attività turistiche aeree, in particolare l’utilizzo sempre più frequente di voli turistici commerciali in elicottero, solleva profonde preoccupazioni per la Commissione Centrale per la Tutela dell’Ambiente Montano del Club Alpino Italiano (CAI).
Il recente caso della Cima della Torre Trieste, nel cuore del gruppo del Civetta, provincia di Belluno, segnalato da alpinisti tedeschi, è emblematico di un fenomeno più ampio che minaccia la fragilità e l’integrità dell’ambiente alpino.

Questa forma di “eliturismo” non è un’eccezione, ma il sintomo di una trasformazione inaccettabile del rapporto tra l’uomo e la montagna.

Si tratta di un’attività commerciale che, al di là della sua potenziale redditività, si insinua in un contesto paesaggistico di inestimabile valore, distorcendone l’equilibrio e compromettendo la possibilità di una fruizione responsabile e sostenibile.
L’area dolomitica in questione, parte integrante del sito UNESCO “Dolomiti”, è un bene culturale e naturale di rilevanza internazionale.

Il riconoscimento UNESCO, pur essendo un importante strumento di tutela, si rivela insufficiente a contenere le pressioni derivanti da un turismo sempre più invasivo e disattento.
La sua efficacia è erosa dalla difficoltà di armonizzare gli interessi economici con la conservazione del patrimonio naturale e culturale.

Il CAI, attraverso le parole del suo presidente Antonio Montani, ha ripetutamente espresso una posizione netta contro l’impiego ludico dei mezzi motorizzati in montagna.

L’elicottero, per la sua intrinseca capacità di impatto ambientale (rumore, inquinamento atmosferico, disturbo della fauna selvatica, rischio di incendi), rappresenta la punta di diamante di questa problematica.
La sua presenza in quota, non legata a necessità di soccorso o a specifiche attività professionali, è un affronto alla dignità della montagna e un disservizio nei confronti di chi la vive in modo autentico e rispettoso.

La critica del CAI non si limita al singolo episodio, ma mira a denunciare una mentalità che considera la montagna come una risorsa da sfruttare a fini primariamente commerciali, senza tener conto delle conseguenze ambientali e sociali.
Questo approccio erode il senso del limite, un valore fondante dell’associazionismo alpino, e svuota di significato la pratica dell’escursionismo, che dovrebbe essere un’esperienza di contatto con la natura e di crescita personale.
L’eliturismo, in questa prospettiva, si configura come un fenomeno fine a se stesso, un vezzo effimero che maschera una profonda crisi di valori.

È necessario, pertanto, una riflessione collettiva che coinvolga istituzioni, operatori turistici e fruitori della montagna, al fine di promuovere un modello di sviluppo più sostenibile e coerente con i principi di tutela ambientale e di fruizione responsabile.
Il futuro della montagna dipende dalla nostra capacità di riscoprire il rispetto per la sua fragilità e di abbandonare la logica dello sfruttamento a tutti i costi.

La montagna non è un parco giochi per pochi privilegiati, ma un bene comune da custodire per le future generazioni.

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