venerdì, 13 Giugno 2025
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Incendio doloso a Treviso: intossicati detenuti e agenti.

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Un episodio grave e potenzialmente drammatico ha recentemente scosso l’Istituto Penale per Minori di Treviso, mettendo a dura prova la sicurezza del personale e dei giovani ospiti. Un incendio doloso, appiccato all’interno della struttura, ha generato un denso fumo che ha causato intossicazioni a un detenuto minorenne e a due agenti della Polizia Penitenziaria, i quali hanno necessitato di assistenza medica in ospedale.L’evento, prontamente segnalato dalla CGIL, solleva interrogativi urgenti sulle condizioni di sicurezza e sulle risorse disponibili all’interno degli istituti penali per minori in Italia. La denuncia sindacale non si limita a evidenziare l’assenza di adeguate protezioni individuali per il personale, ma punta il dito contro una più ampia carenza strutturale: la mancanza di standard minimi di sicurezza che garantiscano la salvaguardia sia degli operatori, impegnati in un lavoro complesso e spesso pericoloso, sia dei giovani detenuti.L’incidente di Treviso, purtroppo, non è un caso isolato. Riflette una problematica più ampia, legata alla progressiva erosione delle risorse destinate al sistema penitenziario minorile e alla persistente inadeguatezza delle infrastrutture. La legge italiana assegna alla pena un ruolo rieducativo fondamentale, sancito dall’articolo 27 della Costituzione. Tuttavia, rinchiudere minori in strutture che non rispettano le norme di sicurezza, che presentano carenze strutturali e che non offrono un ambiente adeguato allo sviluppo e alla riabilitazione, significa tradire questo principio costituzionale.La denuncia della CGIL non si esaurisce in un semplice atto di protesta, ma si configura come un appello pressante alle istituzioni, al Governo e al Parlamento. È necessario un intervento immediato e risolutivo, che preveda un potenziamento delle risorse umane e materiali, un adeguamento delle infrastrutture alle normative vigenti e, soprattutto, una revisione profonda del modello penitenziario minorile. L’obiettivo non deve essere solo quello di garantire la sicurezza fisica degli operatori e dei detenuti, ma anche di creare un ambiente che favorisca la loro crescita personale, l’acquisizione di competenze e il percorso di reinserimento sociale. La dignità umana, sia di chi lavora in prima linea che di coloro che scontano una pena, non può essere sacrificata sull’altare di tagli e compromessi. L’incidente di Treviso è un campanello d’allarme che non può essere ignorato: è tempo di agire, con responsabilità e determinazione, per restituire al sistema penitenziario minorile la sua funzione rieducativa e la sua credibilità.

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