La sclerosi multipla (SM) rappresenta una sfida complessa nella medicina moderna, affliggendo milioni di individui a livello globale con una progressione variabile e debilitante.
Questa malattia autoimmune cronica è caratterizzata da un’anomala infiltrazione di linfociti T autoreattivi nel sistema nervoso centrale (SNC), innescando una cascata di eventi infiammatori che portano alla demielinizzazione – la distruzione delle guaine mieliniche che isolano le fibre nervose – e a conseguenti deficit neurologici che impattano sulla motricità, la sensibilità, la visione e le funzioni cognitive.
Le attuali terapie, pur offrendo un certo grado di controllo sintomatico e rallentamento della progressione della malattia, spesso si basano su un approccio immunosoppressivo di ampio spettro.
Questo tipo di strategia, sebbene efficace nel mitigare l’iperattività immunitaria, è intrinsecamente legato al rischio di effetti collaterali significativi e compromissione dell’immunità, rendendo necessario un continuo bilanciamento tra efficacia terapeutica e sicurezza del paziente.
Un team di ricerca internazionale, coordinato dalla prof.
ssa Ildiko Szabo dell’Università di Padova e in collaborazione con Paolo Gallo, Marco Puthenparampil e Erich Gulbins, ha aperto nuove prospettive terapeutiche, identificando un bersaglio molecolare innovativo all’interno dei linfociti T autoreattivi: il canale mitocondriale Kv1.3.
La ricerca, recentemente pubblicata su *EMBO Molecular Medicine*, descrive lo sviluppo e la validazione di un inibitore selettivo di questo canale, il PAPTP (Potassium Channel Associated Peptide Targeting Protein), precedentemente noto per la sua attività antitumorale.
La novità cruciale di questo approccio risiede nella sua specificità: il PAPTP agisce direttamente sulle cellule T autoreattive, responsabili dell’attacco al SNC, senza compromettere altre componenti del sistema immunitario.
Gli studi preclinici condotti su modelli animali hanno dimostrato che il trattamento con PAPTP, somministrato anche in fase di manifestazioni cliniche iniziali, ha prodotto una riduzione significativa dei deficit neurologici, inclusa la diminuzione della demielinizzazione.
L’analisi del profilo immunologico dei topi trattati ha confermato la selettiva eliminazione delle cellule T autoreattive, con l’assenza di effetti immunosoppressivi generalizzati o di tossicità sistemica.
“La selettività dell’azione del PAPTP rappresenta un vantaggio significativo rispetto alle terapie convenzionali,” spiega la prof.
ssa Szabo.
“La possibilità di agire in maniera mirata sulle cellule dannose, preservando l’integrità del sistema immunitario, apre la strada a una nuova generazione di farmaci più sicuri ed efficaci per la SM.
“Questo lavoro, sostenuto finanziariamente dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) e PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), pone le basi per lo sviluppo di terapie cellulari innovative, potenzialmente in grado di migliorare significativamente la qualità della vita e i risultati clinici per le persone affette da sclerosi multipla.
Ulteriori ricerche saranno dedicate alla valutazione del potenziale terapeutico del PAPTP in studi clinici sull’uomo, con l’obiettivo di trasformare questa scoperta preclinica in una reale opzione di trattamento per i pazienti.