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venerdì 24 Ottobre 2025

Fenice in crisi: tensioni profonde scuotono il teatro veneziano

La crisi che attanaglia il Teatro La Fenice di Venezia trascende la mera questione della nomina di Beatrice Venezi a direttrice musicale, configurandosi come l’emersione di tensioni profonde e strutturali che minano il rapporto tra la direzione artistica, le maestranze e l’amministrazione.

Le recenti proteste, culminate nella richiesta formale di revoca del sovrintendente Nicola Colabianchi, rappresentano l’apice di un deterioramento della fiducia che, a detta delle rappresentanze sindacali (Rsu e Usb), si è fatto irreversibile.

La manifestazione del 17 ottobre, che ha visto la partecipazione di un numero considerevole di persone, ha evidenziato un malcontento diffuso che si radica nella percezione di una gestione autoritaria e priva di ascolto.

La Fenice, istituzione di eccellenza e patrimonio culturale nazionale, reclama un approccio manageriale improntato al rispetto, alla trasparenza e alla partecipazione attiva delle figure professionali che ne costituiscono il cuore pulsante: orchestra, coro, tecnici e personale amministrativo.
Le mobilitazioni, lungi dall’essere un episodio isolato, si preannunciano come un monito a ristabilire un clima di collaborazione e valorizzazione del contributo di ciascuno.
La reazione del sovrintendente Colabianchi, mancante di commenti formali, contrasta con la veemenza delle contestazioni.

Il sindaco e presidente della fondazione, Luigi Brugnaro, definisce la situazione come irrispettosa verso il pubblico e violentemente aggressiva nei confronti di Venezi, criticando aspramente l’iniziativa del concerto in Campo Sant’Angelo durante lo sciopero, interpretandola come una mancanza di serietà.
La polemica si estende alla disponibilità delle maestranze a esibirsi in luoghi diversi, sollevando interrogativi sulla gestione della risorsa umana e la necessità di conciliare la tradizione con l’innovazione.
L’intervento del sindaco, seppur volto a difendere le scelte della direzione, rischia di acuire le fratture.

La riflessione sull’età e l’esperienza di Venezi, unitamente alla perentoria affermazione di non essere tenuto a consultare le maestranze, sollevano questioni cruciali sulla governance culturale, la meritocrazia e il ruolo delle istituzioni nel promuovere il talento giovane.

La retorica delle “crociate preventive” e l’apparente difficoltà nel trovare un dialogo costruttivo suggeriscono una profonda crisi di comunicazione e una gestione conflittuale.

La vicenda La Fenice non è solo una disputa interna, ma un campanello d’allarme per l’intero sistema culturale italiano.

Mette in discussione i modelli di leadership, l’equilibrio tra autonomia artistica e controllo amministrativo, e l’importanza di un dialogo aperto e inclusivo per preservare la vitalità e l’eccellenza delle istituzioni culturali.
La ricerca di un punto di incontro, che tenga conto delle legittime aspirazioni delle maestranze e delle esigenze di modernizzazione della gestione, si configura come una sfida imprescindibile per il futuro del teatro veneziano e, per estensione, per l’intero panorama culturale nazionale.

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