La recente sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna, presieduta da Pierluigi Stigliano, ha ratificato la condanna a 21 anni inflitta a Carlo Evangelisti per l’efferato omicidio della madre, Milena Calanchi. Il decesso della settantunenne, avvenuto tra il 15 e il 16 novembre 2021 nella sua abitazione modenese in via Manzini, ha scosso la comunità e sollevato complesse questioni giuridiche e psicologiche.La Procura, rappresentata dalla sostituto Gabriella Tavano, ha sostenuto con fermezza la conferma della condanna emessa in primo grado, argomentando la necessità di tutelare l’ordine pubblico e l’importanza di una pena esemplare per un crimine così efferato. La ricostruzione dei fatti presentata dall’accusa delineava un quadro di una relazione conflittuale e di una progressiva escalation di violenza, culminata nel tragico evento.La difesa, affidata all’avvocato Luca Sebastiani, che aveva ereditato l’incarico dall’avvocato Roberto Ghini, ha tentato di mutare radicalmente la prospettiva del caso. L’istanza preliminare di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale si è rivelata cruciale: la difesa ha sottolineato le profonde discrepanze e le interpretazioni divergenti tra le perizie medico-legali prodotte dall’accusa e dalla difesa nel corso del primo grado. La nomina di un consulente tecnico d’ufficio, indipendente e di indiscussa competenza, avrebbe permesso di dirimere queste controversie e di fornire una ricostruzione più accurata delle dinamiche del decesso.L’argomentazione difensiva si è poi concentrata su una riqualificazione dei fatti, cercando di attenuare la responsabilità penale di Evangelisti. La richiesta di trasformazione dell’imputazione in omicidio colposo o preterintenzionale si fondava sulla necessità di escludere l’aggravante del maltrattamento in famiglia, elemento centrale per la configurazione del reato di omicidio volontario. La difesa ha altresì invocato la concessione di attenuanti generiche in misura prevalente, auspicando una riduzione della pena inflitta.L’appello della difesa non si è limitato a una mera disamina tecnica delle perizie, ma ha cercato di sondare le profondità psicologiche e relazionali alla base del tragico evento, suggerendo possibili elementi di problematicità che avrebbero potuto contribuire alla dinamica del crimine. La questione del maltrattamento in famiglia, elemento costitutivo dell’aggravante, è stata oggetto di un’analisi critica, con la difesa che ha contestato la sua sussistenza e la sua rilevanza nel contesto dei fatti.La sentenza della Corte d’Assise d’Appello, pur confermando la condanna, ha lasciato aperta la questione delle complessità psicologiche e relazionali che hanno contribuito alla tragedia, evidenziando la necessità di una riflessione più ampia sul fenomeno della violenza domestica e sui percorsi di supporto e di prevenzione per le vittime e per i perpetratori. Il caso Calanchi-Evangelisti rappresenta una dolorosa testimonianza delle conseguenze devastanti di un rapporto conflittuale e della necessità di un approccio multidisciplinare per affrontare le sfide poste dalla violenza domestica.
Omicidio Calanchi: Confermata la condanna a 21 anni per Evangelisti
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