L’opera “Autoportrait” di Martin Kippenberger, la controversa rappresentazione di una rana antropomorfa crocifissa, con un boccale di birra e un uovo come attributi, continua a generare un intenso dibattito, trentacinque anni dalla sua creazione.
L’impatto originario, avvenuto nel 2008 con l’inaugurazione del Museion di Bolzano, fu traumatico: manifestazioni di protesta, digiuni, prese di posizione ufficiali della Chiesa locale e del Vaticano, fino al ritiro di una candidatura politica.
Un evento che mise a nudo le fragilità di un territorio in bilico tra identità culturale, radicamento religioso e aspirazioni di modernizzazione.
Oggi, la scintilla polemica si ravviva a Vienna, all’interno di una mostra al Künstlerhaus dedicata all’evoluzione dell’iconografia cristiana e alle sue reinterpretazioni contemporanee.
Il caso Kippenberger, lungi dall’essere un mero episodio isolato, si rivela un termometro della complessità delle relazioni tra arte, fede e società nel XXI secolo.
Le prime voci critiche, provenienti dal partito di destra Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ) e dal suo leader Herbert Kickl, esprimono indignazione e invocano il rispetto per le credenze religiose, sollevando interrogativi sulla presunta strumentalizzazione dell’arte a fini provocatori.
In seguito, il partito popolare Österreichische Volkspartei (ÖVP), sostenuto dal cancelliere Christian Stocker, si unisce al coro di disapprovazione, denunciando rappresentazioni considerate blasfeme: la figura della Madonna interpretata in chiave transgender, l’uso di bandiere palestinesi in contesti sacri, la sacra immagine di Cristo trasformata in una grottesca rana sofferente.
La polemica si intensifica con un’esplicita richiesta rivolta ai “progressisti”: lasciare in pace la religione.
La questione sollevata dal partito ÖVP, con la sua affermazione sulla necessità di delimitare sia la libertà religiosa sia quella artistica, apre un dibattito cruciale.
Dove tracciare il confine tra espressione creativa, diritto all’interpretazione e rispetto per la sensibilità religiosa? La libertà artistica, pilastro fondante delle società democratiche, implica la possibilità di confrontarsi con tabù, di smontare certezze, di provocare riflessioni, anche scomode.
Ma questa libertà ha dei limiti, come quelli imposti dalla legge e, soprattutto, dalla responsabilità sociale.
Il tentativo di smorzare la tensione da parte del referente per la cultura dell’ÖVP, Laurenz Pöttinger, sottolineando che la libertà artistica non può essere ingessata a meno che non violi la legge, evidenzia la difficoltà di trovare un equilibrio.
La questione Kippenberger, dunque, non si riduce a una disputa su un’opera d’arte specifica, ma incarna una sfida più ampia: come costruire un dialogo costruttivo tra culture e sensibilità diverse, garantendo la libertà di espressione senza ledere i valori fondamentali di una comunità.
L’eco di Bolzano risuona a Vienna, ricordandoci che l’arte, per sua stessa natura, è un potente strumento di interrogazione e di conflitto, capace di scuotere le coscienze e di mettere in discussione le certezze.








