venerdì 12 Settembre 2025
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Isernia, 10 settembre 1943: il giorno che cancellò 508 vite.

Il 10 settembre 1943: una data impressa a fuoco nella memoria di Isernia, un ricordo vivo negli occhi dei pochi testimoni rimasti, un monito per le generazioni future.
Due giorni dopo l’armistizio, un tragico errore di calcolo militare trasformò in un inferno la cittadina molisana, in una pioggia di morte e macerie che spezzò la vita di 508 persone.

Il cielo, improvvisamente, si squarciò di un boato, e il cuore di una comunità intera si frantumò in mille pezzi.

Gina Di Pilla, oggi ottantaseienne, rivive ancora quel giorno come se fosse ieri.
A quattro anni, si era affidata alle cure amorevoli delle maestre dell’asilo parrocchiale di Santa Maria delle Monache, mentre il padre era al fronte e la madre lottava duramente nei campi per garantire il sostentamento familiare.
Il fragore della bomba, la polvere, il panico.
Un blackout, un vuoto.
Poi, il risveglio in un paesaggio desolato, un inferno di macerie.

La madre, da Breccelle, assistette impotente al crollo della città e inviò il nipote Angelo, un bambino di otto anni già temprato dal lavoro, alla ricerca di Gina.

Angelo, con la prontezza e la forza tipiche dell’infanzia costretta a crescere troppo in fretta, la trovò disorientata e la accolse tra le sue braccia.

Insieme, si unirono alla processione silenziosa di sfollati che cercavano rifugio nella zona di San Cosmo, mentre l’incertezza e la paura serpeggiavano tra le case distrutte.
Il sollievo, l’angoscia placata, giunse solo con il calare della sera, quando madre e parenti appresero che i piccoli erano sopravvissuti.

Il peso della memoria è un fardello che Gina ha affidato alla figlia Paola Laurelli, custode della storia e testimone del dolore, affinché la verità non venga dimenticata e continui a illuminare il cammino verso un futuro di pace.
Un pensiero commosso si eleva verso i bambini che oggi, in Ucraina e a Gaza, vivono un’esperienza simile, vittime innocenti di conflitti che sembrano senza fine.

Una corona di fiori, un gesto di rispetto e di speranza, è stata deposta anche nel Museo Civico della Memoria e della Storia, dove una lapide commemora le vittime e le fotografie restituiscono l’immagine di una città straziata.
“Il 10 settembre è una ferita aperta”, ha sottolineato il sindaco Piero Castrataro, esprimendo il sentimento di un’intera comunità.
“Un dolore che dobbiamo trasmettere alle giovani generazioni, affinché comprendano il valore inestimabile della pace, soprattutto in un momento storico segnato da orrori lontani ma terribilmente vicini”.
Il prefetto Giuseppe Montella ha aggiunto un’amara riflessione: “Questa vicenda, come tante altre, non ha insegnato nulla all’umanità.

Siamo ancora testimoni di violenza e di guerre fratricide, che colpiscono indiscriminatamente donne e bambini”.

L’appello è chiaro: l’unica via d’uscita è il dialogo, la diplomazia, un impegno costante per risolvere le controversie attraverso la negoziazione e la comprensione reciproca.
Non è concepibile, né accettabile, che le ragioni di stato possano giustificare il sangue e la sofferenza delle vittime civili.

La memoria di Isernia, incisa nella pietra e nel cuore, deve essere un monito incessante per costruire un mondo più giusto e pacifico, dove i bambini possano finalmente giocare sotto un cielo sereno.

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