Un’operazione nazionale, orchestrata dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, ha portato a 22 perquisizioni delegate a diverse Procure della Repubblica presso i Tribunali per i Minorenni, focalizzandosi su giovani di età compresa tra i 13 e i 17 anni.
L’indagine, di notevole complessità e portata, ha mirato a individui emersi in contesti ideologici estremi, rivelando una preoccupante frammentazione e convergenza di correnti di pensiero radicali: suprematismo, accelerazionismo, antagonismo e jihadismo.
L’attività investigativa non si è limitata a una semplice identificazione, ma ha sondato la profondità delle convinzioni e i canali di radicalizzazione che hanno portato questi minori a gravitare attorno a ideologie pericolose.
Un caso particolarmente emblematico riguarda un tredicenne residente in provincia di Cosenza, perquisito nell’ambito di un’indagine più ampia coordinata dalla Procura dei Minori di Cagliari.
L’indagine prende le mosse da un precedente intervento, avvenuto l’11 aprile a Oristano, dove un quattordicenne era già stato sottoposto a perquisizione per la pubblicazione, sul proprio profilo Facebook, di immagini disturbanti.
Queste immagini ritraevano il minore con il volto coperto, armato di coltelli e pistole, in un contesto chiaramente evocativo di violenza e supremazia.
Durante la perquisizione, sono stati rinvenuti oggetti simbolici di rilevante significato ideologico: una bandiera con la croce celtica, un fucile a pompa giocattolo privo del tappo rosso (elemento che ne aumenta la pericolosità percepita e l’abilità di emulare armi reali), e una serie di scritte e simboli riconducibili a un universo ideologico complessa e radicale, unitamente a nomi di attentatori di rilievo storico.
La scoperta di questi elementi ha aperto una finestra su una rete di contatti e influenze, portando all’identificazione del tredicenne cosentino.
Parallelamente, nell’ambito di un’indagine sulle dinamiche di radicalizzazione jihadista, la Digos di Catanzaro ha eseguito una perquisizione a carico di un diciassettenne residente nel capoluogo calabrese.
L’indagine ha fatto luce sulla sua partecipazione a un gruppo WhatsApp, un ambiente virtuale che si è rivelato un focolaio di propaganda estremista.
Questo gruppo, nel quale era già presente un minore precedentemente arrestato per attività legate all’addestramento con finalità terroristiche, ha condiviso contenuti espliciti di matrice islamica radicale, ma sorprendentemente anche materiale di ispirazione nazifascista.
Questa convergenza tra ideologie apparentemente antitetiche sottolinea la capacità di radicali di diverse provenienze di trovare punti di contatto e di creare reti di sostegno reciproco.
La complessità di questo fenomeno richiede un approccio investigativo multidisciplinare e una profonda comprensione delle dinamiche che alimentano l’estremismo tra i giovani.
Le indagini proseguono per accertare i contatti e le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, con particolare attenzione alle possibili influenze esterne e ai canali di finanziamento.
L’obiettivo primario rimane la tutela dei minori e la prevenzione di futuri atti di violenza ispirati a ideologie estremiste.