La perdita di Cecilia De Astis, strappata alla vita da un’auto sottratta e guidata da adolescenti, non può essere relegata al mero dominio del caso.
Un evento di tale portata, che spezza una famiglia e scuote una comunità, trascende la banalizzazione della “sfortuna” e impone un’analisi critica delle dinamiche sociali e delle responsabilità che vi sono connesse.
Filippo Di Terlizzi, figlio di Cecilia, con una compostezza e una lucidità dolorose, ha sollevato un interrogativo pressante: come possiamo tollerare una situazione che rende possibili tragedie del genere?La sua richiesta non si traduce in un atto d’accusa indiscriminato, ma in un monito per una riflessione collettiva sulla sicurezza urbana e sulla necessità di prevenire il rischio.
La sicurezza non è un’illusione da garantire con proclami, ma un sistema complesso che si nutre di controllo, educazione e di un approccio mirato alla prevenzione della criminalità minorile.
L’accaduto rivela una profonda frattura tra le istituzioni, la famiglia e i giovani, alimentando un circolo vizioso di marginalizzazione e devianza.
La confessione della madre di uno dei ragazzi coinvolti – un pianto di disperazione interrotto dalla necessità di provvedere al sostentamento di un figlio – offre uno sguardo inquietante su un contesto familiare disfunzionale, dove il senso civico e il rispetto delle regole appaiono distorti.
La tarda confessione dell’accaduto, la rivelazione di una serata trascorsa in modo irresponsabile, suggeriscono un’assenza di supervisione e un vuoto educativo che hanno permesso a quei ragazzi di agire impunemente.
L’episodio non si esaurisce in una semplice denuncia della criminalità giovanile.
È un campanello d’allarme che suona forte, invitando a una riorganizzazione del sistema di supporto all’infanzia e all’adolescenza.
È necessario interrogarsi sulle cause profonde che spingono i giovani a compiere gesti così gravi, cercando risposte al di là delle facili etichette di “ribellione” o “errore di gioventù”.
La domanda che emerge con forza è: come possiamo intervenire precocemente, offrendo alternative costruttive a quei ragazzi che si sentono esclusi e marginalizzati? Come possiamo rafforzare il ruolo della famiglia, della scuola e delle comunità educanti, affinché possano trasmettere valori di responsabilità, rispetto e legalità?L’urgenza è quella di trasformare il dolore e la rabbia suscitati da questa tragedia in un’azione concreta, volta a creare una città più sicura e giusta per tutti, dove la vita di ogni cittadino sia tutelata e valorizzata.
La memoria di Cecilia De Astis non può essere un semplice ricordo, ma uno stimolo costante a costruire un futuro migliore.