Con un’urgenza che pulsa di dolore e speranza, il cineasta iraniano Jafar Panahi, figura simbolo della resistenza artistica e civile, lancia un grido di pietà dall’epicentro di una regione dilaniata dalla guerra. Il suo appello, veicolato attraverso la rete globale di Instagram, trascende la semplice richiesta di cessate il fuoco tra Repubblica Islamica e Israele; è una denuncia appassionata della spirale di violenza che sta divorando vite e annientando il futuro di un intero popolo.La devastazione è tangibile, un macabro conto di infrastrutture distrutte e, soprattutto, di innocenti strappati alla vita. Panahi, testimone diretto di questa tragedia, non si limita a deplorare la guerra; ne denuncia le radici profonde, incastonate nella logica aggressiva di due regimi che hanno abdicato alla responsabilità verso i propri cittadini. La violazione della sovranità iraniana, perpetrata con attacchi diretti, impone una riflessione internazionale seria e un’azione legale volta a perseguire le responsabilità di chi le ha ordinate.Ma la franchezza di Panahi non si arresta alla condanna delle azioni israeliane. Con la lucidità di chi conosce a fondo il proprio paese, egli non elude la critica al regime iraniano, riconoscendo le sue profonde debolezze strutturali: quarant’anni di governance segnati da errori, corruzione endemica, repressione sistematica e una marcata carenza di competenza. Il governo, incapace di affrontare le sfide del presente e ancor più incapace di proiettarsi verso il futuro, ha perso ogni legittimità, erodendo la fiducia dei cittadini e soffocando ogni forma di dissenso.Rimanere ancorati a questa struttura, avverte Panahi, significa accettare una spirale di declino inarrestabile, una perpetuazione della repressione e una sottomissione passiva alla tirannia. L’unica via d’uscita è una trasformazione radicale, uno scioglimento del sistema attuale e la sua sostituzione con un governo popolare, reattivo alle esigenze dei cittadini e fondato sui principi della democrazia.Il percorso di Panahi, costellato di riconoscimenti internazionali – Leone d’oro, Orso d’oro, Palma d’oro – è anche un percorso di resistenza, segnato da limitazioni imposte dal regime iraniano che, per anni, gli ha negato la libertà di esprimersi e di creare. La sua voce, tuttavia, continua a risuonare, amplificata dalla potenza dei media digitali.La guerra, in tutte le sue forme, non può mai essere giustificata da considerazioni morali, politiche o di sicurezza. Attacchi indiscriminati, bombardamenti di aree civili e omicidi mirati rappresentano crimini contro l’umanità. Il silenzio, l’inerzia, la passività di fronte a tali atrocità, equivalgono a una complicità.Panahi rivolge quindi un appello urgente all’Organizzazione delle Nazioni Unite e alla comunità internazionale, esortandoli a intervenire con decisione, senza esitazioni o compromessi, per imporre un cessate il fuoco immediato e per garantire la protezione dei civili. È un appello alla responsabilità, un invito a non voltare le spalle alla sofferenza di un popolo e a lavorare per un futuro di pace, giustizia e dignità. La speranza, fragile ma tenace, risiede nella capacità di agire, di rompere il ciclo di violenza e di costruire un mondo più umano.