L’anno 2024 si configura come un campanello d’allarme per il paesaggio italiano.
I dati emergenti rivelano una progressiva e preoccupante erosione del suolo, con una sigillatura che ha interessato quasi 84 chilometri quadrati, segnando un’accelerazione del 16% rispetto al 2023.
Questo dato, che porta il consumo di suolo netto a superare i 78 chilometri quadrati, rappresenta il picco più drammatico degli ultimi dieci anni, testimoniando un’urgenza impellente di ripensare i modelli di sviluppo e di pianificazione territoriale.
La velocità con cui questa perdita si manifesta è allarmante: si stima che ogni ora circa 10.000 metri quadrati di terreno agricolo, boschivo o naturale scompaiono sotto nuove superfici artificiali, siano esse infrastrutture, aree residenziali o industriali.
Questa perdita non è semplicemente una questione quantitativa, ma implica una perdita di capitale ecologico e culturale inestimabile.
Il suolo, infatti, è un ecosistema complesso e vitale.
Svolge un ruolo cruciale nella regolazione del ciclo idrologico, assorbendo l’acqua piovana e prevenendo inondazioni e frane.
È un serbatoio di biodiversità, habitat per una miriade di specie vegetali e animali, e un fattore determinante per la sicurezza alimentare, garantendo la produzione di cibo.
Sigillare il suolo significa interrompere questi processi naturali, aumentare il rischio di eventi estremi, ridurre la capacità del territorio di adattarsi ai cambiamenti climatici e impoverire il patrimonio naturale e culturale del Paese.
L’incremento del consumo di suolo non è un fenomeno spontaneo, ma il risultato di una serie di fattori complessi, tra cui la crescita demografica, l’espansione urbana incontrollata, la pressione speculativa sul territorio e una legislazione spesso inadeguata.
La frammentazione delle competenze tra i diversi livelli di governo e la mancanza di una visione strategica a lungo termine aggravano ulteriormente la situazione.
Di fronte a questa emergenza, è necessario un cambio di paradigma radicale.
È imprescindibile promuovere una pianificazione territoriale più sostenibile, che privilegi la riqualificazione delle aree esistenti, la densificazione urbana e la protezione degli ecosistemi naturali.
L’adozione di tecniche di progettazione innovative, come l’edilizia in superficie e l’utilizzo di materiali permeabili, può contribuire a ridurre l’impatto sul suolo.
È altrettanto fondamentale rafforzare i controlli sull’abusivismo edilizio e incentivare la ripresa di pratiche agricole sostenibili che preservino la fertilità del suolo.
La sfida è complessa, ma non insormontabile.
Richiede un impegno congiunto da parte di istituzioni, imprese, cittadini e comunità scientifica, con l’obiettivo di riconnettere il nostro rapporto con la terra e di garantire un futuro sostenibile per le generazioni future.
Ignorare questo segnale di allarme significherebbe compromettere irrimediabilmente la salute del nostro territorio e il benessere delle nostre comunità.







