Il divario retributivo di genere, una persistente ed inaccettabile disparità nell’ambito del mercato del lavoro italiano, continua a segnare profondamente il panorama economico nazionale.
I dati più recenti, provenienti dal Rendiconto Sociale dell’INPS, dipingono un quadro allarmante: nel 2023, la differenza media tra i salari di uomini e donne nel settore privato si attesta attorno al 25%, un dato che non solo quantifica l’ingiustizia, ma ne rivela la tenace resistenza a interventi correttivi.
La media nazionale delle retribuzioni giornaliere, nel corso del 2023, si è attestata a 107,5 euro per i lavoratori maschi e a 79,8 euro per le lavoratrici, una forbice che va ben oltre una semplice differenza numerica.
 Essa riflette una complessa interazione di fattori strutturali, culturali e comportamentali che ostacolano l’effettiva parità di genere nel mondo del lavoro.
 È cruciale osservare che questo divario non è uniforme e varia significativamente a seconda del settore di attività.
Sebbene le cifre aggregate forniscano un quadro generale, l’analisi settoriale mette in luce dinamiche più sfumate e problematiche.
Sorprendentemente, nel settore delle Attività finanziarie e assicurative, tradizionalmente associato a posizioni di alta responsabilità e remunerazione, si registra un divario notevole: 216,7 euro giornalieri per i maschi e 147,3 euro per le femmine.
 Analogamente, nel comparto della Fornitura di energia, le retribuzioni maschili superano quelle femminili con un distacco di 171,4 euro contro 145,6 euro.
Un’anomalia, seppur inaspettata, si evidenzia nell’Estrazione di minerali da cave e miniere, dove le retribuzioni femminili (174,2 euro) superano quelle maschili (168,2 euro).
Questa apparente eccezione, pur meritevole di ulteriore approfondimento, non intacca la gravità complessiva del problema.
Questo divario non è riconducibile esclusivamente a differenze di mansioni o anzianità.
 Diverse ricerche suggeriscono che fattori come la segregazione professionale (la tendenza delle donne a concentrarsi in professioni meno remunerative), il “soffitto di cristallo” (barriere invisibili che limitano l’avanzamento di carriera delle donne) e la penalizzazione della maternità (interruzioni del percorso lavorativo e pregiudizi sulla produttività delle madri) contribuiscono in modo significativo a questa disparità.
La persistenza di questo divario retributivo di genere non solo compromette l’equità sociale, ma incide negativamente sull’economia nazionale, limitando il potenziale di crescita e sviluppo.
 Un mercato del lavoro più equo e inclusivo, che valorizzi il talento e le competenze di tutti, è un prerequisito fondamentale per un’economia moderna e prospera.
È imperativo, pertanto, implementare politiche mirate e innovative, che promuovano la parità di genere, contrastino la segregazione professionale e favoriscano un cambiamento culturale profondo, volto a superare i pregiudizi e gli stereotipi che ancora ostacolano la piena realizzazione delle donne nel mondo del lavoro.
L’analisi settoriale, come quella fornita dal Rendiconto Sociale dell’INPS, rappresenta uno strumento prezioso per individuare le aree più critiche e orientare gli interventi correttivi in modo efficace e mirato.


 
                                    



