L’annuncio della dichiarazione congiunta tra Unione Europea e Stati Uniti sui dazi ha scosso profondamente il settore vitivinicolo italiano, portando con sé ripercussioni economiche di notevole portata. L’introduzione di un regime impositivo al 15% sui vini italiani destinati al mercato statunitense rappresenta una sfida significativa, in particolare per un comparto che, tra le principali esportazioni italiane, si trova in una posizione di particolare vulnerabilità. Secondo le stime di Unione Italiana Vini (UIV), l’impatto diretto sulle imprese si quantifica in circa 317 milioni di euro nei prossimi dodici mesi, mentre le perdite per i partner commerciali statunitensi potrebbero superare i 1,7 miliardi di dollari. Un ulteriore scenario di rischio, legato alla volatilità dei tassi di cambio, potrebbe innalzare il costo complessivo del danno a 460 milioni di euro.L’emergenza evidenzia una frattura commerciale che rischia di compromettere un settore trainante dell’economia italiana, tradizionalmente legato all’eccellenza agroalimentare e al prestigio del Made in Italy. Il mercato statunitense, cruciale per la filiera vinicola italiana, rappresenta un bacino di esportazione strategico, e la sua accessibilità ora è pesantemente compromessa. Questa situazione si aggiunge a un quadro già preoccupante, caratterizzato da un calo tendenziale dei volumi esportati pari quasi al 4% nei primi cinque mesi dell’anno, segno di una crescente difficoltà a competere in un contesto commerciale sempre più complesso.L’analisi dell’UIV rivela una drammatica esposizione del settore: ben il 76% delle bottiglie esportate lo scorso anno (equivalenti a 366 milioni di pezzi) si trovano in una situazione di “zona rossa”, ovvero rappresentano una quota superiore al 20% del totale delle spedizioni. Questa concentrazione del rischio mette a repentaglio la resilienza dell’intera filiera, con ripercussioni non solo sulle aziende produttrici, ma anche sui lavoratori e sulle comunità locali che dipendono dall’attività vitivinicola.Le denominazioni più colpite da questa situazione di crisi sono molteplici e riflettono la varietà e la ricchezza del panorama enologico italiano. Il Moscato d’Asti, con una dipendenza dalle esportazioni verso gli Stati Uniti pari al 60%, si trova in una posizione particolarmente delicata. Segue il Pinot Grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i prestigiosi rossi toscani a Denominazione di Origine Protetta (35%), i vini piemontesi (31%), il Brunello di Montalcino, il Prosecco (27%), il Lambrusco e il Montepulciano d’Abruzzo.In questo scenario critico, Unione Italiana Vini sollecita un’azione sinergica e unita, proponendo la creazione di un’alleanza strategica tra la filiera italiana e i partner statunitensi – distributori, importatori e ristoratori – che condividono l’interesse a superare questa impasse commerciale. L’UIV pone inoltre l’accento sulla necessità di un sostegno concreto da parte dello Stato, volto a promuovere l’immagine e la qualità del vino italiano sui mercati internazionali, e a mitigare gli effetti negativi derivanti da questo nuovo regime daziario. La speranza è che, in una fase di negoziati “supplementari”, si possano trovare soluzioni alternative che preservino la competitività e la sostenibilità del settore vitivinicolo italiano.