Ogni anno, il Cristo degli Abissi di San Fruttuoso di Camogli, simbolo universale del mondo sommerso e memoria delle vite spezzate dal mare, si sottopone a un delicato intervento di manutenzione.
Un rituale complesso, orchestrato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Liguria, che coinvolge un team interforze di subacquei e specialisti.
Quest’anno, come negli anni passati, le operazioni si sono svolte nel rispetto assoluto dell’ambiente marino, grazie all’utilizzo di un’idropulitrice gestita dalla Guardia di Finanza – Reparto Operativo Aeronavale di Genova.
Questa tecnologia permette una pulizia accurata senza contatto diretto con la statua, minimizzando l’impatto sull’ecosistema.
Un esercito di sommozzatori, provenienti dalla Guardia di Finanza, dai Vigili del Fuoco, dai Carabinieri, dalla Polizia di Stato (CNeS), dalla Guardia Costiera e dalla Marina Militare (Comsubin), si sono alternati nelle operazioni.
Prima dell’immersione, un briefing cruciale, condotto da Alessandra Cabella, storica dell’arte e sommozzatore incaricata della conservazione, ha delineato le procedure e le distanze di sicurezza da mantenere in relazione alle diverse aree della scultura.
Particolare attenzione è stata dedicata alle mani, una delle quali, vittima di un atto vandalico nel corso degli anni, aveva subito una rottura riparata durante un precedente restauro nel 2004.
La storia del Cristo degli Abissi è un intreccio di arte, ingegneria e memoria.
Inizialmente concepito come una campana vuota, la sua struttura interna è stata stabilizzata con calcestruzzo e tondini di ferro per garantire la stabilità sul fondale marino.
Questa scelta, tuttavia, ha introdotto una sfida continua: la presenza del ferro in contatto con il bronzo immerso in acqua innesca una corrente galvanica, un processo elettrochimico che accelera la corrosione del bronzo stesso, provocando un invecchiamento progressivo del materiale.
I primi cinquant’anni di permanenza in acqua sono stati caratterizzati da una pulizia più “artigianale”, spesso eseguita da volontari che utilizzavano spazzole metalliche.
Questa pratica, sebbene animata dalle migliori intenzioni, ha involontariamente danneggiato la superficie del bronzo, scarificandola.
Il restauro del 2004, che ha comportato l’emersione temporanea della statua, ha permesso di affrontare in modo più approfondito i danni accumulati e di implementare le attuali procedure di pulizia basate sull’idropulitrice.
L’intervento annuale, dunque, non è solo un atto di manutenzione tecnica, ma un potente simbolo di rispetto e devozione.
Un’operazione interforze che trascende la sua dimensione pratica, incarnando un profondo senso di appartenenza al mondo del mare e un atto d’amore universale che accomuna ogni uomo che ha il mare nel cuore.
La sua presenza, silenziosa e solenne, continua a illuminare le profondità, ricordando costantemente il legame indissolubile tra l’umanità e l’oceano.