L’avanzata delle infrastrutture per la produzione di energia rinnovabile, in particolare parchi eolici e impianti fotovoltaici di dimensioni considerevoli – pale rotanti che svettano per centinaia di metri e campi di pannelli che occupano estensioni paragonabili a decine di campi da calcio – sta generando un’ondata di contestazione tra gli amministratori locali del Belìce, in Sicilia. I sindaci della valle, riuniti in un consesso pubblico a Castelvetrano, esprimono una crescente inquietudine, non per la transizione ecologica in sé, ma per il suo impatto potenzialmente irreversibile sul tessuto economico, sociale e ambientale di un territorio profondamente legato all’agricoltura tradizionale e, sempre più, al turismo esperienziale e sostenibile.La preoccupazione non è sterile opposizione al progresso, bensì una richiesta di governance più responsabile e lungimirante. I sindaci riconoscono l’urgenza di mitigare gli effetti del riscaldamento globale, una sfida epocale che impone la rapida dismissione dei combustibili fossili. Tuttavia, denunciano un’espansione incontrollata e, a loro dire, indiscriminata, che rischia di compromettere la vitalità stessa delle comunità locali. L’immagine del “Belìce”, terra di storia, di tradizioni agricole secolari e di un paesaggio di rara bellezza, è percepita come minacciata da un’urbanizzazione energetica eccessiva e priva di adeguata pianificazione strategica.La situazione siciliana è particolarmente critica. Le richieste di allacciamento alla rete elettrica nazionale per nuovi impianti rinnovabili hanno superato ampiamente i target regionali stabiliti dalla legge, con le province di Trapani e Agrigento in prima linea in questo fenomeno. Questa sovra-saturazione del sistema evidenzia una gestione centralizzata e poco attenta alle specificità territoriali, che ignora le peculiarità paesaggistiche e le esigenze delle comunità locali.L’iniziativa, nata a Montevago con la sindaca Margherita La Rocca, si evolve ora in un nuovo atto formale di protesta. I sindaci del Belìce intendono sollecitare una moratoria sulle autorizzazioni per nuovi impianti, la revoca di quelle già rilasciate per progetti non ancora avviati e, soprattutto, la definizione, da parte della Regione, di una mappatura dettagliata delle aree non idonee alla localizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici. Questo piano, concepito come strumento di governance preventiva, dovrebbe tener conto di fattori quali la tutela del paesaggio, la salvaguardia delle risorse agricole, la preservazione della biodiversità e la garanzia della qualità della vita delle comunità locali.Si tratta di una richiesta di bilanciamento, di una transizione energetica che non sacrifichi il futuro delle comunità sull’altare di obiettivi ambientali globali. Un approccio più olistico, che integri la produzione di energia rinnovabile con la tutela del patrimonio culturale e naturale, è essenziale per garantire uno sviluppo sostenibile e inclusivo per il Belìce e per l’intera Sicilia. La speranza è che questa protesta possa innescare un dibattito costruttivo e portare a scelte più consapevoli e rispettose del territorio e delle sue persone.
Belìce, Sicilia: Eolico e Fotovoltaico a rischio conflitto.
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