Il quarantesimo anniversario della scomparsa del Commissario Capo Giuseppe Montana, preludio a una spirale di violenza che ne seguì con l’uccisione del Vicequestore Antonino Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia, rappresenta una dolorosa, ma imprescindibile, occasione di riflessione per l’intera nazione.
Non si tratta solo di commemorare tre figure esemplari, bensì di onorare un intero filone di dedizione allo Stato, di coraggio e di resilienza di fronte all’abbraccio soffocante della criminalità organizzata.
Giuseppe Montana, figura cardine nella genesi e nell’operatività della sezione catturandi di Palermo, incarnò un approccio innovativo nell’indagine antimafia, smantellando, passo dopo passo, l’aura di invincibilità che avvolgeva Cosa Nostra.
La sua capacità di ricostruire reti, di decifrare codici e di perseguire senza sosta latitanti pericolosi, contribuì in modo significativo a erodere il potere e l’influenza dell’organizzazione.
La sezione da lui contribuì a plasmare non fu solo un’unità di polizia, ma un vero e proprio laboratorio di strategie e competenze, un modello che ispirò iniziative simili in altre realtà investigative.
Antonino Cassarà, con la sua acuta intelligenza e la sua profonda conoscenza del tessuto criminale, fornì un contributo inestimabile alla preparazione e all’esecuzione del Maxiprocesso, l’evento giudiziario che ha segnato una svolta nella lotta alla mafia.
La sua abilità nell’analisi dei dati e la sua capacità di individuare connessioni apparentemente nascoste permisero di ricostruire le intricate relazioni tra i membri dell’organizzazione e i loro complici nel mondo politico ed economico.
Cassarà non fu solo un collaboratore, ma un vero e proprio architetto del processo, un pilastro fondamentale per la sua riuscita.
L’agente Roberto Antiochia, fedele scorta e compagno di viaggio, pagò con la vita l’impegno nella difesa dello Stato e la sua vicinanza a figure chiave nella lotta alla mafia.
La sua scomparsa, così come quella di Montana e Cassarà, testimonia la ferocia e la determinazione con cui Cosa Nostra reagì all’erosione del suo potere.
Questi tre uomini, pur nella loro diversità di ruoli e competenze, condividevano un profondo senso del dovere, un’incrollabile fiducia nella legalità e una profonda compassione per le vittime della mafia.
La loro eredità non è solo un monito contro l’oblio, ma soprattutto un invito all’azione.
Trasmettere la loro storia ai giovani significa educare alla responsabilità, al coraggio e alla resilienza, valori essenziali per costruire una società giusta e libera dalla criminalità.
Significa ricordare che la lotta alla mafia è una battaglia permanente, che richiede l’impegno di tutti, ogni giorno, in ogni ambito della vita pubblica e privata.
Il loro sacrificio ci impone di non arretrare di fronte alle difficoltà, ma di proseguire con ancora maggiore determinazione sulla strada della legalità, per onorare la loro memoria e per costruire un futuro degno delle loro speranze.
Il ricordo di Montana, Cassarà e Antiochia è un faro che illumina il cammino verso una società più giusta e sicura.