L’anticipazione dei palinsesti Rai per la stagione imminente infiamma il dibattito pubblico, con la prima illustrazione in Consiglio di Amministrazione che catalizza l’attenzione e solleva un coro di preoccupazioni. Le prime indiscrezioni riguardanti possibili revisioni a programmi di approfondimento innescano un’ondata di reazioni, con l’opposizione che teme una possibile inversione di rotta nella programmazione, percepita come un tentativo di orientarla a favore del governo.La situazione, tuttavia, è in continua evoluzione, e la presentazione definitiva, prevista per il 27 giugno a Napoli, potrebbe riservare sorprese. Alcuni titoli, come “Tango” di Luisella Costamagna (Rai2) e diverse trasmissioni di Rai3 – tra cui “Petrolio” di Duilio Gianmaria, “Il Fattore Umano” a cura di Riccardo Iacona, “Agorà Weekend” con Sara Mariani e “Rebus” di Giorgio Zanchini – si trovano nell’orbita dell’incertezza, potenzialmente a rischio di ridimensionamento o cancellazione.Queste possibili scelte programmatiche si inseriscono nel contesto delle linee guida strategiche approvate dal Consiglio di Amministrazione in febbraio, che enfatizzano la necessità di una programmazione più efficiente, la riduzione della dispersione dell’offerta e il rafforzamento dell’identità distintiva delle reti, con particolare attenzione a Rai2 e Rai3. La razionalizzazione, in questo quadro, implica inevitabilmente la rinuncia ad alcuni format. “Rebus”, al momento, sembra essere tra i programmi più esposti a questa spoliazione, ma il quadro è in continuo mutamento.L’esponente del Movimento 5 Stelle, Dolores Bevilacqua, esprime profonda preoccupazione riguardo a queste ipotesi, sottolineando che la riduzione o l’eliminazione di programmi di questo genere costituirebbe un’erosione dell’identità stessa di Rai3, un network storicamente riconosciuto per la sua offerta informativa di elevata qualità e per l’approccio critico nell’analisi della realtà contemporanea. La sua affermazione solleva un interrogativo cruciale: queste scelte derivano da considerazioni editoriali ponderate o da motivazioni di natura ideologica? Quest’ultima possibilità, se confermata, rappresenterebbe una ferita profonda per la credibilità e l’indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo.Il futuro di questi programmi non è solo una questione di programmazione televisiva; è un indicatore della salute della democrazia e della capacità di un servizio pubblico di garantire pluralismo informativo e spazio per voci dissenzienti. La discussione è aperta e il dibattito, a quanto pare, è solo all’inizio.