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lunedì 3 Novembre 2025

Lazio, abbattimenti animali: un’emergenza etica e legale

La recente ondata di notizie provenienti dal Lazio, che narrano di abbattimenti di animali domestici rinselvatichiti, in primis cavalli, solleva una questione etica, legale e ambientale di portata cruciale.
L’intervento regionale, finanziato con 600.000 euro, mirava al contenimento di fauna libera, ma si è tradotto in una drammatica escalation di violenza che ha allarmato l’Associazione Italiana Protezione Equini (IHP), e più in generale, la comunità animalista.

Il fulcro della controversia risiede in una presunta errata interpretazione del Regolamento Europeo relativo ai cavalli semiselvatici da parte del Ministero della Salute.
L’applicazione distorta di tale normativa estende il suo raggio d’azione a gruppi di animali discendenti da cavalli domestici, ormai integrati negli ecosistemi rurali e naturali, e privi di un chiaro legame con un proprietario identificabile.
Questo vuoto interpretativo crea una pericolosa ambiguità giuridica, aprendo la strada a provvedimenti drastici e potenzialmente arbitrari nei confronti di animali che, pur avendo radici in un passato domestico, svolgono un ruolo ecologico significativo.
L’azione dell’IHP, con la richiesta di chiarimenti e l’imminente incontro con il Ministero della Salute, è un atto di responsabilità volto a sollecitare una revisione urgente dell’interpretazione normativa.

Ma la questione non si esaurisce in un mero contenzioso legale.
È fondamentale ripensare il paradigma della gestione della fauna libera, adottando un approccio multidisciplinare che tenga conto degli aspetti ecologici, etici e sociali.

L’uccisione di animali rinselvatichiti non è la soluzione, ma l’ammissione di un fallimento.

La regione Lazio, e tutti gli enti coinvolti, sono chiamati a sospendere immediatamente le misure che prevedono abbattimenti indiscriminati, abbracciando alternative più umane e sostenibili.

Queste includono un monitoraggio accurato delle popolazioni, l’identificazione individuale degli animali, la realizzazione di recinzioni per proteggere colture e aree sensibili, e, laddove necessario, il trasferimento in strutture protette come rifugi e santuari.
L’approccio proposto non è una mera questione di clemenza, ma di gestione responsabile del patrimonio naturale.
Gli animali rinselvatichiti, spesso discendenti di razze autoctone, rappresentano una risorsa genetica preziosa, oltre che elementi integranti del paesaggio culturale italiano.
La loro scomparsa non impoverirebbe solo la biodiversità, ma anche l’identità stessa del nostro Paese.

È imperativo che le istituzioni, in collaborazione con esperti di ecologia, veterinaria e diritto animale, elaborino un piano di gestione che promuova la convivenza armoniosa tra uomo e fauna selvatica.
Un piano che privilegi la prevenzione, la protezione e il recupero, non la soppressione.
L’Italia, custode di una ricca tradizione equestre e di un patrimonio naturale unico, non può permettere che un errore interpretativo condanni all’estinzione comunità di animali che vivono liberi, testimoni silenziosi della nostra storia e del nostro legame con la natura.

L’atto di responsabilità e civiltà è fermarsi e ripensare.

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